Atto impositivo definitivo a seguito di giudicato tributario: la successiva sentenza penale assolutoria non configura un “interesse generale” per l’autotutela.

by AdminStudio

La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, con Sentenza 26 marzo 2025 n. 7979 (Pres. Bruschetta, Rel. Fuochi Tinarelli) cassa una sentenza di appello favorevole al contribuente tracciando, nel solco della giurisprudenza precedente, alcuni principi interpretativi nell’ambito dell’autotutela tributaria.

In uno specifico motivo Ade lamenta, in particolare, che, ai fini della ammissibilità dell’impugnazione del diniego di autotutela, occorre che il contribuente prospetti e provi l’esistenza di un interesse di rilevanza generale per l’Amministrazione alla rimozione dell’atto posta la natura discrezionale dell’annullamento d’ufficio, strumento a tutela dell’interesse generale e non di quello individuale del contribuente.

Nella specie, gli atti impositivi erano divenuti definitivi a seguito di decisione giurisdizionale passata in giudicato, sicché ostava il disposto di cui all’art. 2, comma 2, D.M. n. 37/1997.

Ne deriva che, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, non poteva elevarsi ad interesse generale l’intervenuta decisione penale e il rilievo della identità dei fatti del giudizio penale rispetto a quelli del giudizio tributario, posta l’esigenza di tutela della definitività del giudicato, fondata sul principio della certezza e stabilità dei rapporti giuridici, su cui la CTR, secondo il Giudice di Legittimità, ha omesso ogni considerazione, privilegiando, invece, l’interesse del contribuente sul merito degli atti impositivi in relazione alla statuizione in sede penale.

Inoltre, come precisato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 30051 del 21/11/2024, l’autotutela nel diritto tributario costituisce un potere dell’Amministrazione finanziaria che trova il suo fondamento nelle stesse norme che giustificano l’esercizio delle potestà attive per la esazione dei tributi.

Va peraltro rilevato che l’azione dell’Amministrazione, pur doverosa a fronte dell’illegittimità dell’atto impositivo, è caratterizzata da discrezionalità quanto all’esercizio concreto del potere di autotutela, dovendo valutare la sussistenza di un interesse generale alla revisione dell’atto alla luce del complesso degli interessi coinvolti.

Invero, l’interesse primario, che discende dalla stessa matrice del potere di imposizione, ad attivare l’autotutela è costituito dall’interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi.

Quando l’atto illegittimo abbia determinato una ingiusta percezione di somme da parte dell’Agenzia fiscale, non dovute, tale interesse tende a coincidere, sostanzialmente, con l’interesse del contribuente a corrispondere solo la “giusta” imposizione, traendo entrambi origine, in termini simmetrici, dai principi tutelati dall’art. 53 Cost., di reperire le entrate fiscali e di capacità contributiva.

Peraltro, nell’apprezzare l’interesse all’autoannullamento dell’atto, l’Amministrazione può e deve tenere conto, in una valutazione comparativa, anche degli altri eventuali interessi che concorrano nella vicenda, quali, ad esempio, l’interesse alla certezza del diritto e alla stabilità dei rapporti giuridici, in ispecie ove sia decorso un ampio intervallo di tempo e l’atto sia oramai inoppugnabile ovvero sulla questione siano intervenute decisioni favorevoli all’Amministrazione.

Su quest’ultimo aspetto va anzi evidenziato che l’esercizio del potere di autotutela incontra un esplicito limite costituito dal giudicato di merito favorevole all’Amministrazione.

Il controllo di merito in sede giurisdizionale nel momento in cui attesta, con efficacia di giudicato, la correttezza dell’esercizio della potestà impositiva, è idoneo a comportare un effetto preclusivo sulla rilevanza dell’asserito vizio e, quindi, ad orientare in termini negativi la possibilità per l’Agenzia fiscale di attivarsi diversamente.

Del resto, questa conclusione risponde ad una esigenza logica, di stabilità e di certezza del provvedimento, ormai non solo definitivo ma anche convalidato dal vaglio giurisdizionale.

Tale esito ha trovato conferma nell’art. 10-quater, comma 2, L. n. 212 del 2000, introdotto con il D.Lgs. n. 219 del 2023, che indica come ragione di insussistenza dell’obbligo di procedere all’autotutela obbligatoria la sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria.

 

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