Ancora una applicazione dei principi della “Equoland” da parte della Cassazione.

by Luca Mariotti

Dopo la sentenza “Equoland” della Corte UE del 2014, dopo le sentenze della Suprema Corte che hanno aderito a tali principi e dopo la Circolare delle Dogane che si allineava all’una e alle altre è raro imbattersi in una problematica che oggi si può dire superata.

Nonostante ciò l’Ordinanza 5 aprile 2019, n. 9630 della Sezione Tributaria (Pres. Manzon, Rel. Corradini) torna su una questione analoga e il risultato non può essere quello già delineato nei precedenti riferimenti. I principi delineati dalla Corte UE vengono applicati e il ricorso della contribuente accolto.

Secondo la Corte di Cassazione, la sentenza Equoland più volte citata ha infatti ritenuto che l’Amministrazione finanziaria non può pretendere il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione dal soggetto passivo che, non avendo materialmente immesso i beni nel deposito fiscale, si è illegittimamente avvalso del regime di sospensione di cui all’art. 50 bis, comma 4, lett. b), del dl. n. 331 del 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, nella legge n. 427 del 1993, qualora costui abbia già provveduto all’adempimento, sia pur tardivo, dell’obbligazione tributaria nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile mediante un’auto fatturazione ed una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite.

Infatti per la Corte UE la violazione del sistema del versamento dell’IVA, realizzata dall’importatore per effetto dell’immissione solo virtuale della merce nel deposito, ha natura formale e non può mettere, pertanto, in discussione il suo diritto alla detrazione.

E di ciò ha preso atto la stessa Corte di Cassazione con le pronunce Sez. 6 – 5, Sentenza n. 17815 del 08/09/2015; Sez. 6- 5, Decreto n. 10911 del 26/05/2016 e successive conformi.

Ne consegue che i principi espressi dal giudice di Lussemburgo, in relazione alla natura delle sentenze interpretative della Corte di Giustizia, aventi efficacia erga omnes rispetto a vicende omogenee rispetto a quelle esaminate in sede di rinvio pregiudiziale ex art.267 TFUE e alla rilevabilità anche ex officio delle questioni che involgono l’applicazione del diritto UE al fine di evitare possibili contrasti fra diritto interno e diritto sovranazionale (Cass.n.13065/2006; Cass., 20 luglio 2007 n.16130) impongono di fare applicazione del suddetto principio che, nel caso specifico, non risulta preso in esame dalla sentenza di appello.

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