La Cassazione applica la sentenza Equoland.

by Luca Mariotti

Circa un anno fa si inaugurava il nostro sito e, tra le prime massime commentate, vi fu la Sentenza “Equoland” della Corte di Giustizia UE (17 luglio 2014, C-272/13), che apparve anche sul numero zero del nostro approfondimento con commento della Dottoressa Giada Bianchi.
Oggi la Corte di Cassazione nella Sentenza 29 luglio 2015, n. 16109 applica quei principi per decidere di un caso identico. La questione è quella dell’irregolare transito da un deposito doganale, senza che sia avvenuta la materiale immissione della merce importata. Al momento dell’uscita si applica l’IVA con il sistema del reverse charge.
Ma secondo la tesi dell’Agenzia delle Dogane la mancata materiale immissione nel deposito farebbe scattare l’obbligo di versare iva. Due volte il transito in regime iva per una stessa operazione di importazione, quindi.
La sentenza Equoland aveva escluso questa possibilità sulla base dei principi iva comunitari e la Corte, dopo una lunga disquisizione sugli obblighi dei depositi iva e sui controlli relativi, non può che allinearsi ad essa.
Non si ha dunque il pagamento del tributo.
E neppure la sanzione è corretta. Infatti secondo la Corte la sanzione va individuata nel paradigma normativo di cui all’art.13 d.lgs.n.472/1997 (30%), a nulla rilevando il contenuto precettivo dell’art.70 d.PR n.633/1972 che rimanda alla normativa doganale. Proprio in relazione alla giurisprudenza della Corte di Giustizia e Cassazione deve infatti ritenersi che l’IVA all’importazione costituisca un tributo interno.
Da sottolineare incidentalmente che secondo alcune recenti sentenze la sanzione appropriata in questi casi sarebbe invece quella di cui all’art. 6 comma 9-bis del DLgs. 471/97 (che sanziona la non corretta applicazione del reverse charge), pari al 3% dell’imposta irregolarmente assolta. E noi concordiamo con quest’ultimo orientamento.

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