Accertamento induttivo: va sempre riconosciuta una percentuale di costi, pena la violazione del principio di capacità contributiva

by admintrib

L’ordinanza 17 aprile 2023 n. 10192 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, (Pres. Napolitano, Rel. Fracanzani) torna sul consolidato filone che statuisce la necessità di riconoscere, in caso di accertamento induttivo ex art. 39 secondo comma del DPR 600/73, una valenza percentuale ai costi sostenuti in relazione alla produzione di ricavi di impresa. Questa lettura ormai consolidata sta subendo come sappiamo un allargamento anche alle altre forme di accertamenti parametrici o presuntivi in virtù di quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 10 del 31 gennaio 2023.

Sulla specifica questione viene accolto il ricorso del contribuente con riferimento al secondo motivo in cui si contestava, appunto, la violazione del principio di capacità contributiva (Cost., art. 53; D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 41 e D.P.R. n. 633 del 1972, 55). Ciò in quanto la sentenza di appello non aveva riconosciuto la deducibilità delle fatture emesse dalla subappaltatrice, giacché non tenere conto delle spese avrebbe falsato la pretesa impositiva dell’Ufficio. In particolare, appunto, sarebbe stato violato il principio di capacità contributiva di cui alla Cost., art. 53 non avendo la CTR ritenuto di determinare, nemmeno in via induttiva, i maggiori costi relativi ai maggiori ricavi accertati.

La Corte ricorda che se è vero che in caso di omessa presentazione della dichiarazione l’Ufficio è abilitato a servirsi di qualsiasi elemento probatorio ai fini dell’accertamento del reddito e, quindi, a determinarlo anche con metodo induttivo ed anche utilizzando, in deroga alla regola generale, presunzioni semplici prive dei requisiti di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, comma 3 dell’art. 38, sul presupposto dell’inferenza probatoria dei fatti costitutivi della pretesa tributaria ignoti da quelli noti” (Cass. V, n. 19174/2003; n. 2605/2000), non è men vero che con sentenza n. 225/2005 la Corte costituzionale ha ricordato doversi dedurre i costi dai ricavi induttivamente o presuntivamente ricostruiti (nella specie, tramite prelievi di titolare di conto corrente), in modo da rispettare il principio di capacità contributiva, valorizzando l’incidenza percentuale dei costi relativi. Sul punto la Consulta é intervenuta anche di recente, estendendo i principi di cui alla precedente pronuncia, in virtù d’interpretazione costituzionalmente orientata, riguardo alla necessità di deduzione forfettaria di costi anche in relazione ad accertamento analitico – induttivo supportato da indagini bancarie (cfr. Corte Cost. n. 10-2023).

Era stato già affermato che “Alla luce dell’intervento del Giudice delle leggi, questa corte ha avuto modo di statuire che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di omessa dichiarazione da parte del contribuente, l’Amministrazione finanziaria, i cui poteri trovano fondamento non già nell’art. 38 (accertamento sintetico) o nell’art. 39 (accertamento induttivo), bensì nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 (cd. Accertamento d’ufficio), può ricorrere a presunzioni cd. supersemplici, anche prive, cioè, dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, che comportano l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, ma deve, comunque, determinare, sia pure induttivamente, i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, pena la lesione del parametro costituzionale della capacità contributiva, senza che possano operare le limitazioni previste dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 (ora 109) in tema di accertamento dei costi, disciplinando tale norma la diversa ipotesi in cui una dichiarazione dei redditi, ancorché infedele, sia comunque sussistente” (cfr. Cass. V, n. 1506/2017, ma già anche Cass. V, n. 3995/09).

Sicché, quanto all’accertamento globalmente induttivo del reddito d’impresa, vale sempre la regola che il fisco deve ricostruire il reddito, tenendo conto anche delle componenti negative emerse dagli accertamenti compiuti ovvero, in difetto, determinandole induttivamente e/o presuntivamente, al fine di evitare che, in contrasto con il principio della capacità contributiva, venga sottoposto a tassazione il profitto lordo, anziché quello netto (Cass. VI-5, n. 26748/2018; Cass. V, n. 23314/2013; Cass. V, n. 13119/ 2020; conf. Circ. AdE, n. 9/E/2015, p.2) (Cfr. Cass., V, n. 2581/2021).

A tali principi non si è uniformata la gravata sentenza, sicché per la Suprema Corte il motivo è fondato e merita accoglimento.

 

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