Accertamenti presuntivi: confermato il valore degli studi di settore in chiave difensiva

by admintrib

La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, nella Ordinanza n. 26018 del 5 settembre 2022 (Pres. Sorrentino, Rel. Federici), pur dichiarando l’inammissibilità di un ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, esprime alcune considerazioni in ordine alle presunzioni utilizzate in quello specifico accertamento e al valore degli studi di settore come elemento difensivo.

Il caso è quello di un tassista nei cui confronti l’accertamento era stato avviato perché, pur nella formale regolarità delle scritture contabili e nella coerenza del dichiarato con lo studio di settore applicato, i ricavi e i compensi erano stati ritenuti poco credibili.

Si era pertanto proceduto ad un accertamento analitico-induttivo ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 62 sexies, c:omma 3, d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. in L.29 ottobre 1993, n. 427.

L’Agenzia era risultata soccombente in Commissione Tributaria Regionale. Nel ricorso, con il primo motivo si duole del vizio di motivazione, ritenuta insufficiente, contraddittoria e illogica, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.

Lamentava in particolare che il giudice d’appello non avrebbe ponderato tutti gli elementi, dettagliati ed esaustivi, contenuti nella motivazione dell’avviso di accertamento. Parimenti non avrebbe considerato quanto illustrato nelle difese articolate in sede d’appello.

Ma la Corte, premettendo di non poter riesaminare il merito della decisione del Giudice regionale, rileva che la CTR ha scrutinato le ragioni poste a fondamento dell’atto impositivo (chilometri percorsi nell’anno ricavati dalla scheda carburante; percorrenza di una corsa media desunta da presunti studi statistici, costo relativo ad una corsa media rilevato dal tariffario comunale, ecc.). Ne ha correttamente ponderato la rilevanza, evidenziando che la redditività presunta del servizio prestato fosse frutto di semplici calcoli matematici, con una diminuzione (arbitraria) della percentuale di chilometri annualmente percorsi per uso privato dall’autovettura e conseguente aumento (arbitrario) dei chilometri percorsi in occasione del servizio taxi offerto; ha evidenziato che anche la percorrenza di una corsa media era frutto di una mera presunzione.

Ha rilevato che la difesa del contribuente aveva di contro dimostrato che non esisteva uno studio dell’ufficio statistico del Comune di Firenze sulle percorrenze medie di ogni corsa e sul costo medio; che pertanto non esisteva neppure una tariffa media. Ha illustrato i limiti del ragionamento presuntivo condotto dall’Agenzia delle entrate (ad esempio le percorrenze a vuoto nelle corse a chiamata); ha concluso che le presunzioni su cui l’accertamento era stato fondato fossero prive del carattere della gravità, precisione e concordanza, ancora più evidente per la la coerenza delle dichiarazioni fiscali del tassista con gli studi di settore.

Dalla lettura della sentenza emerge la sufficienza, logicità e coerenza del ragionamento del giudice d’appello, incluso in ciò il fatto che la dichiarazione fiscale avesse carattere di coerenza, come detto, rispetto alle elaborazioni degli “studi”.

Il ricorso dell’Agenzia viene pertanto respinto con spese a favore del contribuente.

 

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