Udienza da remoto con problemi di connessione: va rifissata l’udienza. La decisione presa in camera di consiglio è illegittima

by AdminStudio

 

In caso di udienza da remoto con problemi di collegamento, il presidente del collegio deve sospendere l’udienza e, nel caso in cui sia impossibile ripristinarlo, va rinviata l’udienza e il rinvio va comunicato alle parti. Qualora il collegio abbia invece deciso in camera di consiglio la decisione non è legittima.

Lo ha precisato la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione nella Ordinanza n. 24904 (Pres. Federici, Rel. Triscari) depositata il 21 agosto 2023.

La Corte accoglie un motivo di ricorso fondato su “violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 2 art. 33 D.lgs. n. 546/1992…nullità della sentenza o del procedimento per violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa” (cfr. ricorso, p. 6), per avere la C.T.R. comunque deciso la controversia a seguito di trattazione in camera di consiglio laddove, al contrario, la causa era stata originariamente avviata per la discussione in pubblica udienza, sia pure mediante collegamento audiovisivo, discussione mai svoltasi, tuttavia, a cagione dei “problemi di collegamento da parte del Presidente” che avrebbero dovuto imporre il rinvio della discussione ad altra data.

La Corte ricorda che, per effetto del rinvio ai precedenti artt. 33 ss., contenuto nell’art. 61 del D.Lgs. n. 546 del 1992, la C.T.R. tratta la causa in camera di consiglio (art. 33), salvo che almeno una delle parti non abbia chiesto la discussione in pubblica udienza.

Tale disciplina “ordinaria” è stata, tuttavia, incisa dall’art. 16 del D.L. n. 119 del 2018, conv. con mod. dalla l. n. 136 del 2018, il cui comma 4, nella formulazione applicabile ratione temporis, conseguente alla novella operata dall’art. 135 del D.L. n. 34 del 2020, include, tra le modalità ordinarie di tenuta delle udienze pubbliche o camerali di cui agli artt. 33 e 34 del D.Lgs. n. 546 del 1992, anche quella a distanza, mediante collegamento audiovisivo tale da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità, rinviando poi ad uno o più provvedimenti del Direttore Generale delle Finanze, sentito il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, il Garante per la protezione dei dati personali e l’Agenzia per l’Italia Digitale, l’individuazione delle regole tecnico operative per consentire la partecipazione all’udienza a distanza (cfr. art. 16, comma 4, penultimo periodo).

Con decreto direttoriale prot. n. RR46 dell’11.11.2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 285 del 16.11.2020, sono state quindi individuate le regole tecnico-operative per lo svolgimento e la partecipazione alle udienze svolte in modalità da remoto: in particolare, l’art. 3, comma 3 di tale decreto dispone che “In caso di mancato funzionamento del collegamento da remoto, il Presidente sospende l’udienza e, nel caso in cui sia impossibile ripristinare il collegamento, rinvia la stessa disponendo che ne venga data comunicazione alle parti con le modalità previste dal comma 2”.

Nel caso specifico dal verbale di udienza svoltasi innanzi alla C.T.R. della Liguria il 29.10.2021 emerge che era stato disposto lo svolgimento dell’udienza in modalità da remoto; che il Presidente aveva ammesso le parti alla discussione; che non fu, tuttavia, possibile celebrare in concreto l’udienza “causa problemi di collegamento del Presidente”. Emerge altresì che, cionondimeno, “successivamente il Presidente dichiara chiusa la discussione e il Collegio si ritira in camera di consiglio”, all’esito della quale è stata poi depositata la sentenza in questa sede gravata-

L’impossibilità di celebrazione, in concreto, dell’udienza pubblica a cagione dei problemi di collegamento da remoto del Presidente avrebbe dovuto obbligatoriamente determinarne, secondo quanto prescritto dal cit. art. 3, comma 3, del decreto direttoriale dell’11.11.2020, la sospensione, con contestuale rinvio della causa ad altra udienza e non certo la sua trasformazione (come invece avvenuto nella specie) in udienza camerale non partecipata.

Consegue la nullità della sentenza impugnata per la violazione del diritto del diritto di difesa della odierna ricorrente privata della possibilità (a) di esporre le proprie difese conclusive nel corso della discussione (art. 34, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992), nonchè (b) di avanzare istanza di differimento della discussione (art. 34, comma 3), tanto più considerando che alla stessa (c) non era neppure consentito, prima dell’udienza, il deposito di brevi repliche scritte (previsto dall’art. 32, comma 3, per la sola trattazione in camera di consiglio).

 

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