Trattamento di fine mandato: regole precise per la sua deducibilità per competenza. Altrimenti vale il criterio di cassa

by admintrib

L’ ordinanza n. 19445 del 10 luglio 2023 della Sezione Tributaria (Pres. Giudicepietro, Rel. Lenoci) contiene alcune interessanti precisazioni sulla deducibilità fiscale della quota di accantonamento dello specifico esercizio finalizzata al trattamento di fine mandato dell’amministratore.

Per la Corte, la deducibilità degli accantonamenti del trattamento di fine mandato (TFM) di competenza di ciascun esercizio è soggetta alla disciplina del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 105, il quale, al comma 1, prevede che gli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell’esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali e, al comma 4, estende le disposizioni dei comma 1 e 2 anche agli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, lettera c), dell’art. 17, ossia alle indennità derivanti dalla cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, tra le quali rientra il trattamento di fine mandato. Per ormai consolidata giurisprudenza, l’art. 105, comma 4, opera un rinvio “pieno” all’art. 17, comma 1, lett. c) cit., cioè un rinvio non limitato all’identificazione della categoria del rapporto sottostante cui si riferisce l’indennità, ma esteso alle condizioni richieste dalla stessa disposizione, nel senso che ai fini della deducibilità dei relativi accantonamenti il diritto all’indennità deve risultare da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto (Cass. 19 agosto 2020, n. 17367; Cass. 20 luglio 2018, n. 19368). Pertanto, la circostanza che il diritto all’indennità risulti da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto ricorre tanto ai fini della deducibilità dei relativi accantonamenti quanto ai fini della tassazione separata.

Peraltro, sotto il profilo civilistico, il compenso pagato senza una delibera preventiva non può essere ricollegato alla volontà dell’assemblea, che, ai sensi dell’art. 2389 c.c., è l’unica a poterlo determinare, e, sotto il profilo tributario, il costo, ai fini della deducibilità, deve avere i requisiti di certezza e di determinabilità richiesti dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109. Ne consegue che, in assenza di un espresso atto assembleare di determinazione non soltanto del generico diritto dell’amministratore alla percezione del TFM, ma anche del suo ammontare annuo, di data certa anteriore all’inizio del rapporto, conforme allo schema legale del procedimento di formazione della volontà assembleare dei soci, l’onere sostenuto dalla società risulta deducibile nell’esercizio di erogazione dell’indennità di fine mandato (ossia per cassa). In tal senso, si registra l’orientamento consolidato sia dell’Amministrazione finanziaria (Risoluzioni n. 211/E/2008 e n. 124/E/2017), sia della giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le altre, Cass. 3 marzo 2021, n. 5763; Cass. 20 febbraio 2020 n. 4400; Cass. n. 17367/ 2020).

In conclusione, “in base al combinato disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 17, comma 1, lett. c) e 105, possono essere dedotte in ciascun esercizio, secondo il principio di competenza, le quote accantonate per il trattamento di fine mandato, previsto in favore degli amministratori delle società, purchè la previsione di detto trattamento risulti da un atto scritto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto, che ne specifichi anche l’importo” (Cass. n. 17367/ 2020, cit.; Cass. 19 ottobre 2018, n. 26431).

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