Studi di settore: non è necessario ripetere il contraddittorio preventivo in caso di sostituzione dello studio applicato. Rimane la necessità di verificare la “grave incongruenza” dei ricavi dichiarati.

by admintrib

La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione nella sentenza n. 27754 pubblicata il 21 settembre 2022 (Pres. Virgilio, Rel. Federici) tratta un ricorso dell’Agenzia delle Entrate in materia di studi di settore.

Nel caso specifico dopo lo svolgimento del contraddittorio preventivo l’Ufficio aveva corretto, con riferimento all’attività effettivamente svolta, lo studio di settore applicato e abbassato quindi i ricavi determinati induttivamente.

La società contribuente propose ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale denunciando la violazione del principio del contraddittorio, l’assenza di gravi incongruenze, l’infondatezza nel merito dell’accertamento. Con sentenza n. 362/05/2012 il giudice di primo grado accolse le ragioni della società, annullando l’atto impugnato. L’appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Sicilia fu rigettato con sentenza n. 2384/01/2016, ora al vaglio della Corte.

Il giudice regionale ha respinto l’impugnazione dell’Ufficio riconoscendo che l’Amministrazione finanziaria aveva omesso di garantire un nuovo contraddittorio dopo la sostituzione dello studio di settore applicato originariamente; ha inoltre ritenuto insussistenti le gravi incongruenze che giustificassero la determinazione induttiva dei ricavi.

Le due questioni (ovvero la necessità o meno di rinnovare il contraddittorio e la entità dello scostamento) sono quindi poste dall’Agenzia delle Entrate all’attenzione della Corte.

Sulla prima i Giudici di Legittimità accolgono le doglianze dell’Agenzia rilevando che «qualora l’Amministrazione finanziaria, all’esito di un contraddittorio endoprocedimentale correttamente instaurato, proceda alla sostituzione dello studio di settore originariamente applicato, non occorre rinnovare per l’intero il contraddittorio, che può solo eventualmente proseguire nell’ipotesi in cui il contribuente, anche formulando ulteriori osservazioni conseguenti all’applicazione del nuovo studio di settore, dimostri che siano mutati gli elementi da sottoporre al confronto tra le parti».

In relazione invece alla questione dell’entità dello scostamento, emerge dagli atti che nel caso specifico si parlava di un 6% di minori ricavi rispetto a quelli induttivamente determinabili. La Corte allora rileva che, quand’anche l’art. 10, comma 1, della I. n. 146 del 1998, non contempli espressamente il requisito della grave incongruenza, il rinvio recettizio all’art. 62 sexies del d.l. n. 331 del 1993, implica la persistenza del necessario riscontro di quel requisito anche dopo l’introduzione dell’art. 10 (come modificata dall’art. 1, comma 23, lett. b, della I. 27 dicembre 2006, n. 296).

L’Agenzia delle entrate ha criticato la sentenza anche sotto questo profilo, sostenendo invece che la modifica introdotta nel 2006 abbia di fatto soppresso il precedente riferimento alle gravi incongruenze, essendo dunque sufficiente il mero scostamento. A parte che l’anno d’imposta oggetto della controversia è il 2005, in ogni caso la Cassazione, con orientamento consolidato, ha affermato che “in tema di accertamento tributario la necessità che lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore testimoni una grave incongruenza, espressamente prevista dall’art. 62-sexies del d.l. n. 331 del 1993, aggiunto dalla legge di conversione 29 ottobre 1993, n. 427, ai fini dell’avvio della procedura finalizzata all’accertamento, deve ritenersi implicitamente confermata, nel quadro di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacità contributiva, dall’art. 10, comma 1, della L. n. 146 del 1998, n. 146, il quale, pur richiamando direttamente l’art. 62- sexies cit., non contempla espressamente il requisito della gravità dello scostamento. Si è più specificamente affermato che per l’accertamento basato sugli studi di settore, anche alla luce della giurisprudenza eurounitaria, il presupposto della grave incongruenza è necessario anche per gli avvisi di accertamento notificati dopo il 1° gennaio 2007, in quanto l’art. 10, comma 1, cit., pur dopo le modifiche apportate dall’art. 1, comma 23, della I. n. 296 del 2006, continua a fare riferimento al detto art. 62-sexies il quale, pertanto, non può ritenersi implicitamente abrogato” (Sez. U, 18 dicembre 2009, n. 26635; 26 settembre 2014, n. 20414; 29 marzo 2019, n. 8854; 24 giugno 2021, n. 182491; 2)12/ 1A . 20602).

A tale principio il giudice d’appello risulta essersi adeguato. Quindi il ricorso dell’Agenzia viene respinto con condanna alle spese.

 

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