Studi di settore: confermata la possibile retroattività dell’applicazione a difesa del contribuente.

by Luca Mariotti

La Corte di Cassazione torna sul tema dell’applicabilità degli studi di settore ad anni precedenti (ed anche a periodi in cui valevano i c.d. “parametri”) con la sentenza 18 novembre 2015 n. 23554. Ed è positivo riscontrare che in questo contesto non vi sono da segnalare novità interpretative tali da mutare il consolidato orientamento della Corte.

Si tratta del caso di un contribuente che ha formulato l’eccezione sin dal primo grado del giudizio, contestando la illegittimità dell’accertamento, eseguito sulla base dei parametri, “a fronte della risultanza di congruità dello studio di settore” e che ha quindi dedotto sia un vizio di violazione di legge sia un vizio motivazionale della sentenza impugnata.

La C.T.R., dopo avere esposto che il contribuente non ha dedotto “alcuna prova a sostegno della fondatezza delle proprie ragioni”, ha tuttavia rilevato che il medesimo contribuente “ha dichiarato di essere congruo secondo le risultanze degli studi di settore” e che “l’Ufficio ha confermato”.

Di tale dato, pacifico dunque tra le parti, i giudici d’appello si sono limitati a tenere conto, però, ai soli fini della compensazione delle spese processuali del giudizio.

La Corte richiama l’indirizzo consolidato secondo il quale la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri e degli studi di settore costituisce un sistema unitario, frutto di un processo di progressivo affinamento degli strumenti di rilevazione della normale redditività per categorie omogenee di contribuenti, che giustifica la prevalenza, in ogni caso, e la conseguente applicazione retroattiva dello strumento più recente rispetto a quello precedente, in quanto più affinato e, pertanto, più affidabile, (così Cass. SS.UU. 26635/2009, e poi Cass. 1843/2014 e Cass. 22949/2014). Già questa Corte, con la sentenza n. 9613/2008, aveva qualificato siccome più raffinato il nuovo mezzo di accertamento introdotto dal DL. n. 331 del 1993 , artt. 62-bis e 62-sexies, rispetto ai paramenti su cui poggiava l’accertamento induttivo DPR n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1 ed in base alla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181.

In tal senso, il risultato di congruità emergente dall’applicazione dello studio di settore, stante la natura procedimentale di quest’ultimo, non può essere escluso ove applicato ad un anno anteriore, tanto più, come precisato da Cass. 8311/2013, a fronte di situazioni ordinarie, non essendo emerse situazioni contingenti, cioè correlate solo a determinate annualità d’imposta o eccezionali, cioè ad esempio di tipo economico.

Il dato di congruità dei ricavi o compensi dichiarati dal contribuente, rispetto allo studio di settore approvato con riferimento all’attività svolta, dato questo non contestato dall’Agenzia delle Entrate (come accertato in sentenza dalla C.T.R.), valeva pertanto, secondo gli Ermellini, a rendere illegittimo l’accertamento basato sull’applicazione dei parametri.

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