Società “di comodo”: impugnabile la risposta negativa dell’Ufficio relativamente all’istanza di interpello disapplicativo

by AdminStudio

 

“In tema di contenzioso tributario, il diniego da parte del direttore regionale delle entrate di disapplicazione di una legge antielusiva, effettuato ai sensi del comma ottavo dell’art. 37-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, è un atto definitivo in sede amministrativa e recettizio con immediata rilevanza esterna, da qualificarsi come un’ipotesi di diniego di agevolazione, come tale impugnabile innanzi alle Commissioni tributarie, ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. h) del d.lgs 31 dicembre 1992 n. 546”.

Questo il consolidato principio di diritto ribadito con ordinanza n. 27922 del 4 ottobre 2023 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Cirillo, Rel. Fracanzani).

Nei fatti una s.r.l. ricorreva avverso il diniego espresso dall’Ufficio in merito all’istanza di disapplicazione della disciplina relativa alle società non operative, a termini dell’art. 30 della legge n. 724/1994, in relazione all’anno d’imposta 2013. I due gradi di giudizio esitavano in favore all’Ufficio. In particolare, entrambi i Collegi di merito ritenevano che il diniego dell’Ufficio all’istanza di disapplicazione non rientrasse tra gli atti impugnabili di cui all’art. 19 d.lgs. n. 546//1992. Ricorreva quindi per la cassazione della sentenza la società contribuente.

Come ribadito dai Giudici “La risposta negativa del fisco a un interpello disapplicativo è atto impugnabile, anche se non rientra tra quelli elencati dall’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992: l’ente impositore, infatti, attraverso tale atto porta a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria ben individuata e quest’ultimo, senza necessità che la stessa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dal citato art. 19, già al momento della ricezione della notizia, è portatore di un interesse, ex art. 100 c.p.c., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva”, Cass. sez. V, 27.1.2023, n. 2634” (Cfr. Cass., V, n. 18861/2023).

La Corte ha dunque accolto il ricorso, cassato la sentenza e rinviato il procedimento alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia.

 

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