Con Ordinanza n. 29794 del 25 ottobre 2021 la Sesta Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Greco, Rel. Crolla) ha sancito il principio di diritto secondo cui nelle società di capitali a ristretta base sociale la presunzione secondo cui gli utili extracontabili possono essere imputati pro quota ai soci è vinta nel caso in cui si dimostri che l’estraneità alla gestione e alla conduzione societaria sia dovuta al deteriorarsi dei rapporti tra i soci stessi.
Nei fatti il socio al 50 % di una srl proponeva ricorso alla CTP di Napoli avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate rideterminando il maggiore reddito della società con conseguente recupero, per l’anno 2010, di Ires Iva e Irap, imputava la ripresa fiscale anche al socio stesso stante la ristretta base societaria. A seguito del rigetto da parte della CTP il socio impugnava la sentenza. La CTR, rilevando che il contribuente aveva fornito prova contraria alla presunzione di distribuzione ai soci degli utili extra contabili, accoglieva l’appello. Da qui il ricorso per Cassazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
Come ricordato dalla Corte, in forza di un ormai consolidato principio giurisprudenziale, l’accertamento di utili extracontabili in capo alla società di capitali a ristretta base sociale consente di inferire la loro distribuzione tra i soci in proporzione alle loro quote di partecipazione. Restando comunque salva la facoltà per gli stessi di fornire la prova contraria costituita dal fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano, invece, accantonati dalla società, ovvero da essa reinvesti (cfr Cass. 26248/2010, Cass. 8473/2014 e Cass. 27049/2019).
In particolare, la presunzione di distribuzione degli utili extrabilancio può essere vinta dal contribuente dimostrando l’estraneità alla gestione e alla conduzione societaria (Cass. 19680/2012, Cass. 24572/2014, Cass. 1932/2016, Cass. 26873/2016, Cass. 17461/2017, Cass. 18042/2018 e Cass. 23247/2018).
La Corte, respinto il ricorso, ha evidenziato come la CTR, facendo buon governo dei principi sopra riportati, avesse desunto con un ragionamento logico-deduttivo fondato sui dati della comune esperienza che il socio non aveva possibilità di effettuare controlli sull’attività gestoria dell’amministratore.
Nel caso di specie, infatti, la CTR aveva accertato l’estraneità del socio alla gestione e conduzione della società rilevando: a) che i rapporti tra il socio ricorrente e il socio amministratore si erano profondamente deteriorati tanto che tra gli stessi erano insorti liti giudiziarie civili e procedimenti penali; b) che il socio amministratore aveva revocato l’incarico al commercialista di fiducia della società, impedendo di fatto al socio ricorrente di venire a conoscenza dell’andamento e delle dinamiche della società.