Accantonamento al fondo TFM: non sindacabile dal fisco la sua entità, che deve essere comunque ragguagliata alla realtà economica dell’impresa

by admintrib

La Sesta Sezione della Corte di Cassazione, nell’Ordinanza 19 ottobre 2021, n. 28827 (Pres. Luciotti, Rel. Lo Sardo) si occupa della entità degli accantonamenti al trattamento di fine mandato degli amministratori, ritenuti nell’accertamento a carico di una SpA, eccessivi e dunque carenti del requisito di inerenza.

La Corte conferma la decisione di appello favorevole alla società respingendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

Rammenta infatti che per propria costante giurisprudenza in tema di imposte sui redditi, e con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa, gli accantonamenti effettuati da una società in favore dei propri amministratori, relativi al trattamento di fine rapporto, sono deducibili quali componenti negativi solo se il diritto all’indennità risulta da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto, in quanto il rinvio che l’art. 70, comma 3, del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 (attuale art. 105, comma 4) opera al precedente art. 16 (attuale art. 17) è un rinvio pieno, non limitato all’identificazione della categoria del rapporto sottostante cui si riferisce l’indennità, ma esteso alle condizioni richieste dalla lettera c) dell’art. 16 del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917.

In mancanza di tali presupposti trova applicazione il principio di cassa, come è disposto dall’art. 95, comma 5, del medesimo del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, che stabilisce la deducibilità dei compensi spettanti agli amministratori delle società nell’esercizio nel quale sono corrisposti (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 5 settembre 2014, n. 18752; Cass., Sez. 5^, 27 febbraio 2015, n. 4042; Cass., Sez. 5^, 9 agosto 2016, n. 16787; Cass., Sez. 5^, 19 ottobre 2018, n. 26431; Cass., Sez. 5^, 3 dicembre 2019, n. 31473; Cass., Sez. 5^, 7 agosto 2020, n. 16826; Cass., Sez. 5^, 21 gennaio 2021, n. 1153).

Tuttavia, in riferimento alla contestazione proposta in relazione alla falsa applicazione di legge, non si rinviene una norma che obblighi le società a provvedere all’ammortamento delle quote del trattamento di fine mandato degli amministratori nelle forme previste per i lavoratori dipendenti dall’art. 2120 cod. civ. (con la limitazione della somma massima accantonabile in misura corrispondente all’ammontare dei compensi ordinari annui diviso per 13,5) (in termini: Cass., Sez. 5^, 6 novembre 2020, n. 24848).

Nella specie, il giudice di appello si è correttamente uniformato a tale principio, avendo ritenuto che la disciplina legislativa non ponesse limiti massimi di deducibilità all’accantonamento del fondo per il trattamento di fine mandato degli amministratori (TFM), anche attraverso il richiamo della risoluzione emessa dall’Agenzia delle Entrate il 13 ottobre 2017 n. 124/E, secondo la quale l’ammontare dell’accantonamento «(…) è determinato, secondo criteri di ragionevolezza e congruità rispetto alla realtà economica dell’impresa, attraverso una specifica previsione statutaria ovvero mediante delibera assembleare dei soci».

Con questa direttiva dell’amministrazione finanziaria, infatti, l’importo deducibile del trattamento di fine mandato degli amministratori (TFM) viene ad essere commisurato non alle regole poste per la determinazione del trattamento di fine rapporto per i lavoratori subordinati, né al compenso pattuito per l’amministratore, ma piuttosto ad una prudenziale valutazione delle dimensioni della società.

 

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