Scrittura privata non autenticata costituente una mera ricognizione di debito: per le Sezioni Unite l’imposta di registro (fissa) si applica solo in caso d’uso

by admintrib

La Sentenza delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione del 17 marzo 2023, n. 7682 enuncia alcuni interessanti criteri sulla applicazione del D.P.R. n. 131/1986, art. 6 e relativa tariffa.

In particolare in conclusione di una complessa disamina dei diversi orientamenti giurisprudenziali le Sezioni Unite enunciano i seguenti principi:

“Il deposito di documento a fini probatori in procedimento contenzioso non costituisce “caso d’uso” in relazione al D.P.R. n. 131/1986, art. 6 “.

“La scrittura privata non autenticata di ricognizione di debito che, come tale, abbia carattere meramente ricognitivo di situazione debitoria certa, non avendo per oggetto prestazione a contenuto patrimoniale, è soggetta ad imposta di registro in misura fissa solo in caso d’uso”.

Nel caso specifico la Corte ritiene fondati il secondo e terzo motivo del ricorso del contribuente.

Con il secondo motivo il ricorrente censura come erronea in diritto, la sentenza impugnata, nella parte in cui, pur riportando il testo dell’art. 6 TUR, ha affermato, con riferimento alla succitata nota di accompagnamento, che si tratta “di atto che costituisce “caso d’uso” in quanto trattasi di scrittura privata non autenticata”.

Ai sensi dell’art. 1 TUR, l’imposta di registro si applica, nella misura indicata nella tariffa allegata al detto testo unico, agli atti soggetti a registrazione e a quelli volontariamente presentati per la registrazione.

La succitata tariffa è suddivisa in due parti. L’art. 5 TUR, nella formulazione applicabile ratione temporis, prevede al comma 1 che sono soggetti a registrazione in termine fisso gli atti indicati nella parte prima della tariffa e in caso d’uso quelli indicati nella parte seconda. Il comma 2, per quanto qui utile riportare, stabilisce che “(l)e scritture private non autenticate sono soggette a registrazione in caso d’uso se tutte le disposizioni in esse contemplate sono relative ad imposizioni soggette all’imposta sul valore aggiunto”.

L’art. 6 TUR, di cui la ricorrente lamenta, in uno alla relativa Tariffa parte seconda, la violazione, prevede che “(s)i ha caso d’uso quando un atto si deposita, per essere acquisito agli atti, presso le cancellerie giudiziarie nell’esplicazione di attività amministrative o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga ai fini dell’adempimento di un’obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organo ovvero sia obbligatorio per legge o per regolamento”.

Ciò posto, la scrittura privata non autenticata di cui si discute, ricognitiva, per quanto più in dettaglio di seguito osservato, di un prestito personale, non attiene ad operazioni soggette ad IVA. Mentre la vecchia Legge di Registro comportava che la produzione di un atto nei procedimenti giurisdizionali determinasse un caso d’uso, detta previsione non è contemplata dall’attuale art. 6 TUR, per il quale il deposito dell’atto, perchè ne derivi il “caso d’uso”, deve avvenire, per quanto qui rileva, “presso le cancellerie giudiziarie nell’esplicazione di attività amministrative”, e non deve essere oggetto di un obbligo.

Nel caso di specie il deposito della scrittura privata di cui si discute, prodotta nella cancelleria del giudice civile in sede di procedimento contenzioso, certamente non può integrare, alla stregua di quanto sopra osservato, “caso d’uso”, presupponendo l’art. 6 TUR, come detto, che il deposito dell’atto debba avvenire presso le cancellerie giudiziarie nell’esplicazione di attività amministrative.

Quanto all’atto di ricognizione del debito la Corte ricorda come l’ordinanza interlocutoria n. 33313/21 ha ricostruito la diversità degli orientamenti che, nell’ambito della stessa giurisprudenza della sezione tributaria della Corte, si sono manifestati con riferimento all’applicazione dell’imposta di registro alla ricognizione di debito.

E’ espressione di principio consolidato la statuizione secondo cui la ricognizione di debito, al pari della promessa di pagamento, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma determina un’astrazione meramente processuale della causa debendi, comportante una semplice relevatio ab onere probandi, per la quale il destinatario della ricognizione di debito è dispensato dall’onere di provare l’esistenza del rapporto fondamentale (cfr., più di recente, Cass. sez. 1, ord. 25 gennaio 2022, n. 2091; Cass. sez. 3, 2020, n. 24451; Cass. sez. 1, 20 dicembre 2016, n. 26334), il quale ultimo si presume pertanto fino a prova contraria.

In relazione al profilo fiscale, in via di tendenziale schematizzazione, come rilevato nell’ordinanza interlocutoria n. 33313/21, le posizioni assunte dalla giurisprudenza della sezione tributaria della Corte possono ricondursi a tre filoni interpretativi.

I primi due corrispondono alle posizioni assunte, nel giudizio specifico, dall’Amministrazione finanziaria, in limine litis, dapprima con la notifica dell’avviso di liquidazione avente ad oggetto la pretesa dell’assoggettamento della nota di accompagnamento, recante la ricognizione di debito, all’imposta proporzionale di registro, in termine fisso, nella misura del 3%, successivamente, con l’accoglimento parziale del reclamo, nella misura ridotta dell’1%.

7.6.4. La prima tesi (cfr., più di recente, Cass. sez. 5, 14 luglio 2017, n. 17808, nonchè, principalmente, la già citata Cass. n. 24107/14), senza operare distinzioni di sorta, ritiene che la ricognizione di debito debba farsi rientrare nell’ambito dell’art. 9 della tariffa, parte I, del D.P.R. n. 131/1986, che assoggetta all’imposizione proporzionale nella misura del 3% gli “(a)tti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale”; ciò, essenzialmente, in ragione della considerazione secondo cui è “difficile negare che la patrimonialità pertenga all’obbligazione certificata in una scrittura ricognitiva di debito” (così, in motivazione, la citata Cass. n. 24107/14), dovendo pertanto trovare applicazione la previsione residuale di cui al citato art. 9 della tariffa, parte I. 7.6.5. Diversamente, sempre movendo però dalla condivisione della natura di dichiarazione di volontà della ricognizione di debito, nell’ambito del secondo orientamento si è affermato che – posto che non sempre nell’atto ricognitivo risulta esplicitata la causa debendi mediante richiamo, implicito o esplicito, all’esistenza dell’atto costitutivo di un sottostante rapporto patrimoniale, donde, come si è visto, la ricognizione di debito può assumere forma “pura” o “titolata”- laddove dalla ricognizione non risulti l’esistenza dell’atto costitutivo di un rapporto patrimoniale sottostante, di modo che non è dato verificare se per esso risulti già versata o meno l’imposta dovuta, la dichiarazione, priva di contenuto patrimoniale, non comportando alcuna innovazione rispetto all’obbligazione contratta, va ricondotta alla previsione di cui all’art. 3, parte prima, della tariffa, che prevede l’assoggettamento all’imposta proporzionale nella misura dell’1% degli “(a)tti di natura dichiarativa, relativi a beni o rapporti di qualsiasi natura”, sempre soggetti all’obbligo di registrazione in termine fisso (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, ord. 16 giugno 2021, n. 15190; Cass. sez. 5, 12 febbraio 2020, n. 3379; Cass. sez. 6-5, ord. 18 gennaio 2017, n. 1247; Cass. sez. 5, 15 luglio 2016, n. 14480; Cass. sez. 5, 20 giugno 2008, n. 16829; Cass. sez. 5, 28 maggio 2007, n. 12432).

Secondo un terzo orientamento, infine, si è venuto affermando il principio secondo il quale alla ricognizione di debito, avendo essa natura meramente dichiarativa e, come tale, non apportando alcuna modificazione nè rispetto alla sfera patrimoniale del debitore che la sottoscrive, nè a quella del creditore che la riceve, limitandosi a confermare un’obbligazione già esistente (cfr., già, Cass. sez. 5, 19 gennaio 2009, n. 1132), deve attribuirsi natura di mera dichiarazione di scienza, rispetto alla quale non sarebbe applicabile, quindi, nè l’art. 9, parte prima, della tariffa, nè l’art. 3, parte prima della tariffa, ma l’art. 4, parte II, della Tariffa, secondo cui, sono assoggettate, in caso d’uso, ad imposta di registro in misura fissa, per quanto qui rileva, le scritture private non autenticate non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale (cfr. Cass. sez. 5, 2021, n. 15268; Cass. sez. 5, 11 gennaio 2018, n. 481).

Concludendo sul punto le Sezioni Unite ritengono che occorra muovere comunque dall’analisi dal disposto dell’art. 3, parte I, della Tariffa, che, come è stato puntualmente evidenziato in dottrina, in assenza di esplicita previsione in tema di tassazione degli atti a contenuto ed effetto ricognitivo da parte del vigente TUR e relative tariffe ad esso allegate, è la sola norma che, in termini generali, vi si avvicini e che, come si è già detto, assoggetta a registrazione in termine fisso con l’aliquota dell’1% gli “(a)tti di natura dichiarativa relativi a beni o rapporti di qualsiasi natura”.

Si è posto infatti in rilievo che, nel genus degli atti avanti natura dichiarativa sono tendenzialmente distinguibili tre diverse categorie di atti: a) quella degli atti o negozi “dichiarativi” riferibili alle fattispecie nella quali, come nella divisione, si abbia, per effetto del negozio dichiarativo, una modificazione della situazione giuridica preesistente, senza che a ciò consegua, però, il prodursi di effetti obbligatori o reali; b) quella degli atti o negozi “ricognitivi” finalizzati, da parte di chi li pone in essere, a manifestare la propria consapevolezza in ordine ad una data situazione giuridica, non incerta, preesistente all’atto ricognitivo, situazione che pertanto non viene ad essere in alcun modo innovata, non ricorrendo, rispetto ad essa, alcun effetto costitutivo, modificativo od estintivo ad opera dell’atto ricognitivo; c) quella, infine, degli atti o negozi di accertamento (distinguibili in negozi di “mero accertamento” e in negozi di “accertamento costitutivo”), la cui causa sia quella di rimuovere un’oggettiva e riconosciuta dalle parti situazione d’incertezza.

Per quanto concerne gli atti ricognitivi, con riferimento alla fattispecie oggetto del giudizio, ove (si veda supra, par. 5) l’atto di riconoscimento del debito – che fa espressamente riferimento al rapporto fondamentale sottostante, riconoscendo il debitore una situazione giuridica certa nella quale, per effetto di due successive dazioni di denaro, egli deve restituire al creditore il complessivo importo di Euro 25.000,00 erogatogli come prestito personale, è propriamente un atto meramente ricognitivo, come tale atto giuridico in senso stretto, dal quale, dunque, non scaturisce alcun effetto reale o obbligatorio, l’obbligazione riferita al rapporto fondamentale essendo a monte, nè potendo ad esso ricondursi un autonomo rilievo patrimoniale, derivandone solo l’agevolazione per il creditore sul piano dell’onere della prova, che, operando pertanto sul piano dell’astrazione processuale, non può qualificarsi come effetto “dichiarativo” dell’atto di riconoscimento.

In ragione di ciò ritengono Le Sezioni Unite che debba preferirsi il terzo orientamento sopra menzionato, con la conseguenza che, nella fattispecie in esame, la scrittura privata non autenticata di mero riconoscimento di debito debba essere ricondotta, ai fini dell’imposta di registro, all’art. 4, Parte II della Tariffa, che assoggetta, in caso d’uso, le scritture private non autenticate non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale ad imposta fissa (attualmente nell’importo di Euro 200,00).

 

Articoli correlati

ilTRIBUTO.it – Associazione per l’approfondimento e la diffusione dell’informazione fiscale nasce a giugno del 2014 intorno all’idea che la materia fiscale sia oggi di fondamentale importanza e che debba essere sempre piú oggetto di studio e di critica – sempre costruttiva – da parte di persone preparate.

I prezzi dei nostri libri sono Iva 4% esclusa

RIMANI AGGIORNATO!
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

CONTATTI

+39 055 572521

info@iltributo.it

supportotecnico@iltributo.it

Seguici sui nostri social

©2023 – Associazione culturale “il tributo” Sede Legale Via dei Della Robbia, 54 – 50132 Firenze C.f. 94238970480 – P.iva 06704870481
Restyling by Carmelo Russo