Ricorso per cassazione e principio della chiarezza espositiva nella lettura della Sezione Tributaria

by admintrib

“E’ principio consolidato di questa Corte che il ricorso debba essere redatto in conformità al dovere processuale della chiarezza espositiva, dovendo il ricorrente selezionare i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice, anche con specifica localizzazione delle allegazioni difensive dei precedenti gradi, sì da rendere intellegibili le questioni giuridiche prospettate, nonché di individuare, in relazione a tali profili, le ragioni critiche nell’ambito dei vizi previsti dall’art. 360 cod. proc. civ. Quando il ricorso è carente di tale contenuto minimo esso non supera la soglia di ammissibilità (Sez. U, 30/11/2021, 37552; v. Sez. 5, 30/04/2020, n. 8425, anche con riferimento ai principi costituzionali e convenzionali del giusto processo – artt. 111, secondo comma, Cost. e 6 CEDU, cfr.)”.

La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, con l’ Ordinanza 4 maggio 2022, n. 14714 (Pres. Sorrentino, Rel. D’Angiolella) dichiara inammissibile il ricorso di un ente ecclesiastico in relazione ai quattro motivi prospettati.

Come è noto la chiarezza e la sinteticità espositiva sono rispettate quando il ricorrente seleziona i profili di fatto e di diritto della vicenda “sub iudice” posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una sintetica rappresentazione della vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte (o risolte in maniera non condivisa), passando poi a illustrare le ragioni delle doglianze nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 c.p.c.. Da tempo la Suprema Corte ha stabilito che inosservanza di tali doveri può condurre ad una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione. Ciò tuttavia soltanto in casi particolarmente gravi, ovvero quando si sia in presenza di una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi l’intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c.

Nel caso analizzato dalla Sezione Tributaria tali vizi dell’esposizione vengono rilevati con riferimento ad ognuno dei quattro motivi di impugnazione.

Va detto, senza riproporre per intero la motivazione, che la questione che viene contestata al ricorrente, con riferimento ad ognuno dei motivi, è sotanzialmente il mancato rispetto del principio di specificità di cui all’articolo 366, primo comma, n. 3), cod. proc. civ. Nei motivi infatti, a detta dei Giudici di Legittimità, non ci sono mai corretti riferimenti ad atti processuali o ad elementi di fatto da cui si possa desumere la fondatezza delle contestazioni mosse alla sentenza di appello.

Risolto quindi il tema in contestazione, la Corte rileva altresì come la notificazione del ricorso per cassazione doveva essere effettuata nei confronti dela Direzione Provinciale, Ufficio Controlli interessata, parte appellante, risultando invece effettuata, a mezzo posta, presso l’Avvocatura generale dello Stato.

Il Collegio ritiene così di non dovere disporre la rinotifica ricorrente del ricorso all’appellante Direzione provinciale giacché essendo il ricorso in esame, prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per la notificazione del ricorso, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti.

I Giudici intendono così dare continuità al consolidato orientamento, secondo cui, ove sussistano cause che impongono di disattendere il ricorso, la Corte di Cassazione è esentata, in applicazione del principio della “ragione più liquida”, dall’esaminare le questioni processuali concernenti la regolarità del contraddittorio o quelle che riguardano l’esercizio di attività defensionali delle parti poiché, se anche i relativi adempimenti fossero necessari, la loro effettuazione sarebbe ininfluente e lesiva del principio della ragionevole durata del processo (Sez. Un. 22/03/2010 n. 6826; Cass. 17/06/2013 n. 15106; Cass., 10/05/2018, n. 11287; Cass., 18/04/2019, n. 10839; Cass., Sez. 5, 03/07/2021, n. 18890).

 

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