Rettifica di classamento con metodo DOCFA: obbligatoria la motivazione.

by Luca Mariotti

Con la Sentenza 19 marzo 2015, n. 5580 la Corte di Cassazione si occupa della motivazione degli atti di classamento. Anzi, della motivazione dell’atto di rettifica dello stesso una volta che il contribuente attivi la procedura DOCFA con il proprio tecnico di fiducia.

La sentenza è particolarmente significativa poiché la chiara ed esauriente motivazione ripercorre la normativa in materia ed i precedenti giurisprudenziali.

 

Il contribuente deduce nel ricorso per Cassazione la violazione degli artt.7 c.l l.n.212/2000 e 3.l.n.241/1990. Infatti l’atto di rettifica impugnato, ad onta di quanto affermato dal giudice di appello, sarebbe stato composto di quattro facciate, ma completamente privo di motivazione indicante i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo avevano determinato, nemmeno specificandosi il contenuto della stima sintetica, costituita da un insieme di numeri sul cui significato e sulla cui congruità era difficile districarsi. Solo nel corso del giudizio l’Ufficio avrebbe tentato di fornire una spiegazione sul proprio operato, esplicitando i presupposti fattuali e giuridici alla base dell’avviso di accertamento.

La Corte premette che le modalità e i termini per la rettifica della rendita catastale “proposta” sono stabilite dal D.M. 701/94. Tale regolamento prevede in particolare, all’art. 1, comma 1, che “Con provvedimento del direttore generale del dipartimento del territorio… viene fissata la data a partire dalla quale le dichiarazioni per l’accertamento delle unità immobiliari urbane di nuova costruzione, di cui all’art. 56 del… decreto del Presidente. _della Repubblica 1° dicembre 1949, n. 1142, e le dichiarazioni di variazione dello stato dei beni, di cui all’art, 20 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652… unitamente ai relativi elaborati grafici, sono redatte conformemente ai modelli riportati nell’allegato A al presente regolamento e alle procedure vigenti o in uso presso gli uffici tecnici erariali alla data di presentazione degli atti. “ Ai sensi del comma 3 dell’art 1 D.M. cit, “Tale rendita rimane negli atti catastali come <(rendita proposta» fino a quando l’ufficio non provvede con mezzi di accertamento informatici o tradizionali, anche a campione, e comunque entro dodici mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni dì cui al comma 1, alla determinazione della rendita catastale definitiva. È facoltà dell’amministrazione finanziaria di verificare, ai sensi dell’art. 4, comma 21, del decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 853, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 1985, n. 17, le caratteristiche degli immobili oggetto delle dichiarazioni di cui al comma 1 ed eventualmente modificarne le risultanze censuarie iscritte in catasto”

Ciò detto, ai fini dell’inquadramento della fattispecie, nella quale la parte contribuente aveva proposto all’Ufficio la variazione del classamento di un immobile di sua proprietà, i Giudici ricordano che la Corte di Cassazione, con ordinanza 6 febbraio 2014 n. 2709, ha ritenuto che l’atto con cui l’amministrazione disattende le indicazioni del contribuente circa il classamento di un fabbricato deve contenere un’adeguata – ancorché sommaria- motivazione che delimiti l’oggetto della successiva ed eventuale controversia giudiziaria. Ciò è reso tanto più necessario in considerazione delle incertezze proprie del sistema catastale italiano che si riflettono sull’atto (classamento) con cui l’amministrazione colloca ogni singola unità immobiliare in una determinata categoria, in una determinata classe di merito e le attribuisce una “rendita”. Analogamente, la Sentenza n. 3394/2014 ha espresso il principio che in caso di mancato recepimento delle indicazioni del contribuente circa il classamento di un fabbricato l’atto deve contenere un’adeguata – ancorché sommaria motivazione; che delimiti l’oggetto della successiva ed eventuale controversia giudiziaria. Sul punto sì è poi aggiunto che qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della procedura disciplinata dall’art. 2 del d.l. 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, in legge 24 marzo 1993, n. 75, e dal d. m. 19 aprile 1994, n. 701 (cosiddetta procedura DOCFA), l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati, mentre, in caso contrario, la motivazione dovrà essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso- (Cass.n. 23237/2014).

Sulla base di tali principi, che in definitiva si allineano alla giurisprudenza espressa da questa Corte a proposito degli atti di riclassificazione posti in essere dall’Ufficio (Cass. n. 17348 del 30 luglio 2014, n. 17676 e 17680 del 6 agosto 2014) il ricorso del contribuente viene accolto.

 

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