Vecchio redditometro: anche il bene sotto sequestro va nei calcoli del reddito complessivo. Tutto giusto?

by Luca Mariotti

La sentenza 20 marzo 2015 n. 5056 della Corte di Cassazione ci riporta indietro nel tempo alla giurisprudenza precedente alle sentenze del 18/12/2009 delle Sezioni Unite. Giurisprudenza che vedeva nei riferimenti tabellari del “redditometro” (al pari degli altri strumenti parametrici) delle vere e proprie presunzioni legali. Si tratta di una impostazione ormai largamente smentita dalla stessa Corte, come ben sanno i frequentatori del nostro sito.

In più, ad accentuare le conseguenze negative su di un contribuente evidentemente non fortunato in giudizio il fatto che, nella determinazione sintetica del reddito, i Giudici della Suprema Corte ritengono vada incluso anche il panfilo di 29 metri di proprietà dello stesso. E ciò malgrado l’imbarcazione fosse all’epoca dei fatti sotto sequestro.

Questo tipo di impostazione pare francamente da non condividere.

L’articolo 38 del DPR 600/73 (nella versione vigente all’epoca) si occupa, come sappiamo bene di “determinare  sinteticamente  il  reddito  complessivo   netto   del contribuente”. A tale scopo lo stesso art. 38 rinvia ai decreti applicativi: ebbene, il Decreto Ministeriale 10 settembre 1992 che all’articolo 1 comma 1, statuisce come sia necessario, in relazione agli elementi indicativi di capacità contributiva, far riferimento al concetto di “disponibilità del bene”.

All’art 2 il decreto precisa poi che – “I beni e servizi di cui al comma 1 dell’art. 1  si considerano nella disponibilità della persona fisica che a qualsiasi titolo o anche di fatto utilizza o fa utilizzare i beni o riceve o fa ricevere i servizi ovvero sopporta in tutto o in parte i relativi costi”).

Quindi parrebbe illegittima l’imputazione in capo alla persona di un reddito che deriva induttivamente dalla disponibilità di un bene che non possiede, poiché sottoposto a sequestro giudiziario. Tipico istituto che sancisce un vincolo di indisponibilità materiale e giuridica della cosa.

Chiarissimo e certamente risolutivo è poi l’articolo 3 comma 2 del predetto Decreto Ministeriale 10 settembre 1992: ciascun importo che indichi la disponibilità di uno o più beni e servizi “è proporzionalmente ridotto se il contribuente dimostra che il bene o servizio è nella disponibilità anche di altri soggetti”.

Quindi la disponibilità da parte di altri, se dimostrata, riduce proporzionalmente la disponibilità da imputare al singolo contribuente ai fini del calcolo del redditometro.

Non pare dunque corretta la motivazione sul punto per cui la circostanza che il natante, considerato quale bene-indice reddituale, non fosse concretamente utilizzabile dal contribuente – perché sottoposto (dal novembre 1999, …) a provvedimento di sequestro – è, in tesi, idonea al più ad una riduzione delle spese correlativamente gravanti sul contribuente per l’uso dello stesso ma, non certo, alla loro totale elisione onde il fatto, costituito dalla sottoposizione a sequestro del bene, non può assumere la rilevanza attribuitale dalla CTR emiliana di prova idonea ad annullare integralmente la presunzione di reddito”.

 

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