Reati tributari: il sequestro per equivalente (e la relativa confisca) di beni formalmente intestati a parenti dell’indagato poggia sulla presunzione di disponibilità di quest’ultimo.

by Luca Mariotti

La Corte di Cassazione con la Sentenza 19 marzo 2015, n. 11497 torna ad occuparsi del sequestro per equivalente (per la successiva confisca) del profitto di reati tributari, con particolare riferimento, nel caso specifico, a beni formalmente intestati a parenti dell’indagato.

Secondo i Giudici il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente (art. 322 ter cod. pen. ) può essere applicato ai beni anche nella sola disponibilità dell’indagato, per quest’ultima intendendosi, al pari della nozione civilistica del possesso, tutte quelle situazioni nelle quali i beni stessi ricadano nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di essi venga esercitato per il tramite di terzi.

Il Collegio precisa di non voler offrire un’interpretazione della normativa in materia di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente che frustri la legittima aspirazione di un familiare ad operare erogazioni liberali nei confronti di parenti (nel caso specifico il padre avrebbe aiutato il figlio e la convivente di questi). Tuttavia, appare del tutto evidente che, a fronte della prova che determinati beni siano stati acquistati con del danaro direttamente o indirettamente riconducibile all’indagato e poi intestati a del suoi familiari, occorre che questi ultimi provino che la disponibilità degli stessi (intesa nel termine di ricaduta nella sfera di interesse economico) non sia rimasta all’indagato stesso. Diversamente opinando, infatti, si frusterebbe la ratio dell’istituto della confisca per equivalente, rendendo estremamente facile all’indagato sottrarre dei beni alla stessa acquistandoli con danaro proprio e intestandoli formalmente a mogli, figli, fratelli, sorelle, etc.
Dunque, sviluppando il concetto già affermato dalla Corte in passato, secondo cui in tema di sequestro preventivo, nel caso in cui il sequestro abbia ad oggetto beni formalmente intestati ad un soggetto non indagato, ritenendosi che l’intestazione sia fittizia e che la proprietà effettiva faccia capo a chi è indagato, è necessario dimostrare, in termini di qualificata probabilità, che l’intestazione dei beni sia fittizia e che la proprietà effettiva degli stessi sia dell’indagato il quale ne abbia la sostanziale disponibilità (sez. 5, n. 6365 del 20.12.2000, dep. il 15.2.2001). Ebbene, la prova che il bene sia stato acquistato, in tutto o in parte con danaro dell’indagato, integra tale qualificata probabilità

L’avere fornito la provvista per l’acquisto, in altri termini, si pone come presunzione iuris tantum di intestazione fittizia, cui l’intestatario formale del bene può ovviare portando in giudizio elementi da cui possa desumersi che, al di là dei soldi con cui è stato acquistato, il bene rientri nella sua disponibilità e ricada in toro nella sua sfera di interesse economico.

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