Plusvalenza da cessione di immobili e di aziende: l’Amministrazione non può determinarla sulla sola base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale

by admintrib

“In tema di imposte sui redditi, la norma di interpretazione autentica di cui al d.lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3, avente efficacia retroattiva, esclude che l’Amministrazione finanziaria possa determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata dalla cessione di immobili e di aziende solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale, dovendo l’Ufficio individuare ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, su cui grava la prova contraria”.

Questo il consolidato principio di diritto ribadito con ordinanza n. 23200 del 25 luglio 2022 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Sorrentino, Rel. Lenoci).

Nei fatti nel maggio 2022 un contribuente vendeva ad una S.r.l. un terreno al prezzo, indicato nell’atto notarile, di euro 152.561,64. Nell’ottobre 2004 l’Agenzia notificava sia all’acquirente che al venditore un avviso di rettifica del valore del terreno rideterminandolo in euro 351.120,00; la società aderiva all’invito dell’Agenzia accettando in adesione, quale prezzo del terreno, la somma di euro 263.340,00 e versando la relativa imposta di registro. Nel settembre 2009 l’Agenzia notificava al venditore avviso di accertamento, ai sensi dell’art. 41-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, accertava un maggior reddito imponibile ai fini IRPEF, soggetto a tassazione separata per l’anno 2002, per l’importo di euro 110.641,00 (pari alla differenza tra € 263.340,00 accettati dall’acquirente ed € 152.561,64 dichiarati nell’atto di compravendita). Il contribuente, esperita con esito negativo la procedura di accertamento con adesione, impugnava l’avviso; la CTP di Udine accoglieva il ricorso del contribuente e la CTR del Friuli Venezia Giulia, respingendo l’appello dell’Ufficio, confermava la decisione di prime cure. Proponeva dunque ricorso per Cassazione l’Agenzia sostenendo il legittimo utilizzo del valore di mercato determinato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro come dato presuntivo ai fini dell’accertamento di una plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di un terreno.

La Corte ha pero evidenziato l’infondatezza iure superveniente della tesi sostenuta dall’Ufficio ricordando come, ai sensi d.lgs. 14 settembre 2015, n. 147, art. 5, comma 3, “Il testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e il d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 5, 5-bis, 6 e 7, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347”.

Il Collegio, riprendendo precedenti pronunce, ha sottolineato che “la base imponibile ai fini IRPEF è data non già dal valore del bene, ma dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo” (Cass. n. 19227/2017; Cass. n. 9513/2018; Cass. n. 12265/2017; Cass. n. 11543/2016).

I Giudici di Legittimità, respinto il ricorso dell’Agenzia, hanno evidenziato come, nel caso di specie, dalla sentenza impugnata non risultassero altri elementi indiziari atti a ritenere che il contribuente avesse effettivamente percepito un corrispettivo superiore a quello pattuito nella compravendita.

(commento a cura del Dott. Lorenzo Tortelli)

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