Le Sezioni Unite interpretano il comma 9-bis.3 delll’articolo 6 del Decreto legislativo n. 471/97 in caso di reverse charge interno quando si registrano operazioni inesistenti

by admintrib

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza 20 luglio 2022 n. 22727 (Pres. Virgilio, Rel. Conti) dirime un contrasto giurisprudenziale in materia di sanzioni tributarie con riferimento all’articolo 6 del Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471 e precisamente al comma 9-bis.3 in tema di applicazione del reverse charge interno in tema di operazioni inesistenti.

L’articolo 6 del Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471 in materia di sanzioni tributarie è rubricato: “Violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto”.

Come regola generale prevede al primo comma che: “Chi viola gli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni imponibili ai fini dell’imposta sul valore aggiunto ovvero all’individuazione di prodotti determinati e’ punito con la sanzione amministrativa compresa fra il novanta e il centoottanta per cento dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio. Alla stessa sanzione, commisurata all’imposta, e’ soggetto chi indica, nella documentazione o nei registri, una imposta inferiore a quella dovuta. La sanzione e’ dovuta nella misura da euro 250 a euro 2.000 quando la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo”.

Il comma 9-bis.3, introdotto dall’art. 15, c.1 lett. f) d.lgs. n.158/2015, ha previsto regole particolari per chi applica il reverse charge: “Se il cessionario o committente applica l’inversione contabile per operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, in sede di accertamento devono essere espunti sia il debito computato da tale soggetto nelle liquidazioni dell’imposta che la detrazione operata nelle liquidazioni anzidette, fermo restando il diritto del medesimo soggetto a recuperare l’imposta eventualmente non detratta ai sensi dell’articolo 26, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e dell’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546. La disposizione si applica anche nei casi di operazioni inesistenti, ma trova in tal caso applicazione la sanzione amministrativa compresa tra il cinque e il dieci per cento dell’imponibile, con un minimo di 1.000 euro”.

La questione relativa alla portata applicativa dell’ultima parte del ricordato art. 6, comma 9-bis.3 alle operazioni inesistenti per le quali sia stato applicato il sistema dell’inversione contabile ha dato luogo a contrasti interpretativi all’interno della Sezione tributaria della Corte, al punto da indurre quest’ultima in altri procedimenti – già con le ordinanze interlocutorie nn.27674, 27675 e 27676 del 2020 -, a richiedere una relazione di approfondimento sulla questione all’Ufficio del Ruolo e del Massimario e, successivamente, a prospettare al Primo Presidente l’opportunità di rimetterne l’esame al giudizio delle Sezioni Unite, anche in ragione della posizione espressa dal Procuratore generale nella sua requisitoria a proposito della rilevanza del comma 9-bis.3, cit.

Invero, l’ordinanza interlocutoria ha evidenziato come il contrasto interpretativo tra quanto affermato da Cass., n. 16679/2016, che ha ritenuto l’inapplicabilità dell’art. 6, comma 9- bis.3, d.lgs. n. 471 del 1997, come novellato dal d.lgs. n. 158 del 2015, alle fatture per operazioni inesistenti imponibili, e quanto statuito dal più recente indirizzo fatto proprio da Cass., nn. 32552, 32553 e 32554 del 2019, nonché da Cass., n. 16367/2020 e Cass., n. 38757/2021 che, viceversa, ne hanno ritenuto l’applicabilità a tutte le operazioni inesistenti, senza alcun’altra distinzione -, aveva preso corpo con riferimento ad ipotesi nelle quali il contribuente aveva applicato il sistema interno dell’inversione contabile.

Secondo l’indirizzo più risalente – Cass.n.16679/2016 cit.- la parte finale del comma 9-bis.3 riguarda le sole ipotesi di operazioni inesistenti, regolate dal cessionario con l’inversione contabile, che siano anche esenti, non imponibili o comunque non soggette ad imposta, con esclusione, per l’effetto, di quelle inesistenti e imponibili essendo queste ultime, al pari della frode, sottratte al diritto alla detrazione, in quanto violazioni di carattere sostanziale e dovendosi quindi applicare a tali ipotesi il regime sanzionatorio di cui agli artt. 5, c.4 e 6, commi 1 e 3 d.lgs. n.471/1997. Si tratta di una posizione che la Sezione tributaria ha motivato partendo dal presupposto che nel caso di operazioni inesistenti in regime d’inversione contabile, il cessionario è l’effettivo soggetto d’imposta e l’IVA integrata a debito sulle fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti è dovuta, in base al principio comunitario di cui all’art. 28-octies, par. 1, lett. d), Dir. n. 1977/388/CE (ora Dir. n. 2006/112/CE, art. 203), anche quando si tratta di forniture inesistenti o diverse da quelle indicate in fattura. Ciò incide – per il combinato disposto dell’art. 21, comma 7, art. 19, comma 1, e art. 26, comma 3 d.P.R. n.633/1972 – sul destinatario della fattura medesima che non può esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta mancando il suo presupposto, ovverosia la corrispondenza anche soggettiva dell’operazione fatturata con quella in concreto realizzata”.

Il contrapposto orientamento è stato espresso più recentemente dalle pronunzie -Cass., nn. 32552, 32553 e 32554 del 2019, Cass., n. 16367/2020 e Cass., n. 38757/2021- che, pur condividendo il principio di diritto fissato dalla richiamata Cass., n.16679/2016, alla cui stregua “In tema d’Iva, le operazioni di cessione compiute in regime d’inversione contabile (cd. “reverse charge”), ancorché effettuate sotto l’apparente osservanza dei requisiti formali, sono indetraibili in caso di violazione degli obblighi sostanziali, ove venga meno la corrispondenza, anche soggettiva, dell’operazione fatturata con quella in concreto realizzata, con conseguente inesistenza dell’obbligo di corrispondere l’imposta indicata in fattura”, hanno offerto una lettura unitaria del comma 9-bis.3, giungendo a riconoscere l’applicabilità del trattamento sanzionatorio più favorevole a tutte le operazioni inesistenti, senza alcuna ulteriore distinzione e, dunque, senza nemmeno profilare la possibilità che l’espressione ‘operazioni inesistenti’ contemplata dalla seconda parte del c.9-bis.3 possa essere riferita alle sole ipotesi cui la prima parte dello stesso comma riconduce il sistema di compensazione delle operazioni soggette al regime interno di inversione contabile, purché esenti, non imponibili o non soggette ad IVA.

Le Sezioni Unite, in trenta pagine di motivazione, rifanno il punto sulla giurisprudenza eurounitaria in materia di prevenzione delle frodi IVA. Il tutto si inserisce nell’obbligo imposto a ciascuno Stato membro di “prevenire ogni possibile frode” (art. 13 Dir. CEE 77/388), pur con modalità non armonizzate ed ancora, nella piena equiparabilità alla frode delle operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti, in quanto idonee ad alterare le prove e, dunque, ad impedire la riscossione dell’importo esatto dell’imposta -cfr. punti 48-49, sent. Halifax, cit.-. 7.8

Pur nella non piena sovrapponibilità della questione della quale qui si discute, orientata a verificare (unicamente) la tipologia della sanzione applicabile nei confronti del contribuente che si avvale del sistema del reverse charge interno per le operazioni inesistenti, viene richiamata la sentenza della Corte di Giustizia del’11 novembre 2021, Ferimet SL contro Administración General del Estado, C-281/20. Investita da un quesito pregiudiziale sollevato dal Tribunal Supremo di Spagna in una vicenda nella quale era stato negato alla società acquirente di materiali di recupero (rottami) il diritto di detrarre l’IVA indicata in fatture dalla stessa emesse, in cui era stata specificata la soggezione dell’operazione a inversione contabile, in quanto il fornitore da essa indicato era risultato inesistente, la Corte di giustizia europeaseppur non ha preso posizione alcuna sul tema delle sanzioni applicabili alla fattispecie e della compatibilità con il sistema UE (p.25) – ha affermato che «La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, letta in combinato disposto con il principio di neutralità fiscale, deve essere interpretata nel senso che a un soggetto passivo deve essere negato l’esercizio del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) relativa all’acquisto di beni che gli sono stati ceduti, qualora tale soggetto passivo abbia consapevolmente indicato un fornitore fittizio sulla fattura che egli stesso ha emesso per tale operazione nell’ambito dell’applicazione del regime dell’inversione contabile, se, tenuto conto delle circostanze di fatto e degli elementi forniti da tale soggetto passivo, mancano i dati necessari per verificare che il vero fornitore aveva la qualità di soggetto passivo o se è sufficientemente dimostrato che tale soggetto passivo ha commesso un’evasione dell’IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in una simile evasione».

In piena sintonia con i principi di diritto espressi dal giudice eurounitario con la sentenza Ferimet, la sezione tributaria ha ritenuto che in tema di IVA, e con riguardo al regime del reverse charge o inversione contabile, il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ad un’operazione di cessione di beni non può essere riconosciuto al cessionario che, sulla fattura emessa per tale operazione, in applicazione del suddetto regime, abbia indicato un fornitore fittizio allorquando, alternativamente, il medesimo cessionario: a) abbia egli stesso commesso un’evasione dell’IVA ovvero sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto alla detrazione s’iscriveva in una simile evasione; b) sia semplicemente consapevole della indicazione in fattura di un fornitore fittizio e non abbia fornito la prova che il vero fornitore sia un soggetto passivo IVA -cfr. Cass., n.4250/2022-. La norma quindi non può che essere interpretata in modo tale da salvaguardare le politiche di contrasto all’evasione e alle frodi che sono state nel tempo veicolate dal diritto vivente della Corte di Cassazione e della Corte di giustizia e che, diversamente opinando, risulterebbero fortemente depotenziate.

In definitiva, “deve ritenersi che la prescritta neutralizzazione dell’IVA a credito e di quella a debito nell’ipotesi di inversione contabile prevista dalla prima parte dell’art. 6, c.9-bis.3 riguardi esclusivamente le operazioni inesistenti che siano astrattamente “esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta”, e non anche le operazioni inesistenti astrattamente imponibili per le quali non è ammesso il diritto a detrazione. Per queste ultime l’azione di forte contrasto all’evasione e alle frodi, di matrice eurounitaria, non può che essere perseguita dall’ordinamento per il tramite delle sanzioni previste dall’attuale art. 6, c.1, d.lgs. n.471/1997, con il quale il legislatore ha inteso fortemente osteggiare le condotte integranti operazioni (non esenti o imponibili) inesistenti, destinate potenzialmente a prestarsi ad intenti frodatori ed evasivi, mancando per tali operazioni i requisiti sostanziali previsti per il riconoscimento del diritto alla detrazione”.

 

Articoli correlati

ilTRIBUTO.it – Associazione per l’approfondimento e la diffusione dell’informazione fiscale nasce a giugno del 2014 intorno all’idea che la materia fiscale sia oggi di fondamentale importanza e che debba essere sempre piú oggetto di studio e di critica – sempre costruttiva – da parte di persone preparate.

I prezzi dei nostri libri sono Iva 4% esclusa

RIMANI AGGIORNATO!
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

CONTATTI

+39 055 572521

info@iltributo.it

supportotecnico@iltributo.it

Seguici sui nostri social

©2023 – Associazione culturale “il tributo” Sede Legale Via dei Della Robbia, 54 – 50132 Firenze C.f. 94238970480 – P.iva 06704870481
Restyling by Carmelo Russo