Patti di famiglia: l’agevolazione al trasferimento di partecipazioni di controllo di società commerciali si applica solo per società con effettivo esercizio di impresa

by admintrib

Torniamo indietro di qualche settimana rispetto al nostro aggiornamento consueto della giurisprudenza per segnalare ai lettori l’ Ordinanza 28 febbraio 2023 n. 6082 della Sezione Tributaria (Pres. Balsamo, Rel. Dell’Orfano) che abbiamo trovato menzionata in rete e che, pur ribadendo un orientamento consolidato, ci sembra interessante da ricordare.

Nei patti di famiglia, atteso che il contratto recante una donazione deve essere sottoposto a registrazione (ai sensi del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 55, comma 1, e dell’art. 60) si pone la questione dell’imposta dovuta nel caso in cui si tratti di donazioni non soggette a, o esenti da, imposta di donazione, e sul punto, con riguardo al caso in esame, la legge offre un’indicazione testuale per gli “atti che hanno per oggetto trasferimenti di cui al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 3”, i quali “sono registrati gratuitamente” (D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 55, comma 2), e, tra i diversi trasferimenti non “soggetti” a imposta di donazione, sono menzionati, nel D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 3, comma 4 ter, i “trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli artt. 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali”.

Ai sensi del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 3, comma 4- ter, il beneficio si applica alle seguenti condizioni: “I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli artt. 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta. In caso di quote sociali e azioni… il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’art. 2359, comma 1, numero 1), del codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso”.

Come già chiarito dalla Corte (cfr. Cass. nn. 7429/2021, 29506/2020), il pagamento dell’imposta va quindi escluso qualora ricorra l’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 3, comma 4-ter, che si applica alle ipotesi di trasferimento d’azienda e delle partecipazioni societarie in favore del discendente beneficiario che si impegni a proseguire l’esercizio dell’attività d’impresa o a detenere il controllo societario per un periodo non inferiore a cinque anni.

L’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 3, comma 4-ter, nei casi di trasferimento di partecipazioni sociali a favore dei discendenti, va così riconosciuta qualora essa consenta agli aventi causa l’acquisizione o l’integrazione del controllo della società e a condizione che quest’ultimi si impegnino, per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, a proseguire l’esercizio dell’attività (cfr. Cass. n. 7429/2021 cit.).

La norma di esenzione citata si ispira all’esigenza di agevolare il passaggio generazionale d’impresa, secondo una linea di tendenza dei sistemi tributari Europei (si veda anche, sul punto, le raccomandazioni della Commissione UE n. 94/1069/CE del 1994, e n. 98/C 93/02 del 1998), allo scopo di non pregiudicare la continuità (going concern) di aziende che, donate o cadute in successione, potrebbero dover essere cedute, in tutto o in parte, per consentire agli eredi o donatari di procurarsi la provvista con cui assolvere gli obblighi tributari. L’agevolazione riveste infatti carattere oggettivo, in quanto è finalizzata a conservare l’integrità dell’impresa al momento del “passaggio generazionale”, ed anche nella raccomandazione della Commissione UE del 7 dicembre 1994, è stata posta in rilievo la necessità del mantenimento dell’integrità dell’impresa, senza alcun riferimento ad una misura agevolativa a favore dei familiari, come si desume ad esempio dagli “obiettivi” – art. l della raccomandazione -, secondo cui “gli Stati membri sono invitati ad adottare le misure necessarie per facilitare la successione nelle piccole e medie imprese al fine di assicurare la sopravvivenza delle imprese ed il mantenimento dei posti di lavoro”.

Anche nelle indicazioni circa il “regime fiscale della successione ereditaria e della donazione” (art. 6 della raccomandazione) si riporta che “è opportuno assicurare la sopravvivenza dell’impresa con una adeguata disciplina fiscale della successione ereditaria e della donazione. A tal fine, gli Stati membri sono invitati ad adottare una o più delle seguenti misure: a) ridurre, purchè l’attività dell’impresa prosegua in modo effettivo per un certo periodo minimo, i tributi sugli attivi strettamente legati all’esercizio dell’impresa in caso di trasferimento tramite donazione o successione ereditaria…”;

L’agevolazione, riconosciuta dalla norma in esame, che raccoglie le raccomandazioni della Commissione UE, intende dunque garantire la continuità dell’iniziativa imprenditoriale e la salvaguardia dei livelli occupazionali, ovvero la sopravvivenza di una “istituzione” in grado di produrre ricchezza, favorendo, di conseguenza, la continuità di un’iniziativa imprenditoriale per le sue ricadute economico-sociali (in specie sui dipendenti).

Ciò posto, dal punto di vista testuale, come dianzi illustrato, il legislatore ha agevolato due diverse fattispecie, ovvero (i) il trasferimento di aziende o rami di esse, e (ii) il trasferimento di quote sociali o di azioni, con la precisazione che, se si tratta di società di capitali, dovrà trattarsi di un trasferimento che consenta l’acquisizione o l’integrazione del controllo. Nella seconda ipotesi, l’esenzione, secondo la tesi delle ricorrenti, dovrebbe trovare applicazione indipendentemente dall’esercizio d’impresa da parte della società le cui partecipazioni vengono trasferite.

Ricostruendo, tuttavia, la ratio legis, nei termini di cui si è detto, nonostante l’improprietà lessicale nella stesura della disposizione normativa, si perviene alla conclusione che, ai fini dell’esenzione di imposta nel caso di trasmissione di quote di società di capitali, siano necessari non solo l’acquisizione del controllo e la sua detenzione per almeno un quinquennio, ma anche l’ulteriore requisito dell'”esercizio dell’impresa” da parte della società trasferita.

L’agevolazione va di conseguenza applicata a tutti i trasferimenti di partecipazioni in società di capitali che consentono all’avente causa di acquisire o integrare il controllo di una società che svolge effettivamente un’attività d’impresa, poichè solo a questa condizione il trasferimento del controllo di una società può ritenersi equivalente al trasferimento di un’azienda, e l’agevolazione apprezzabile in una prospettiva di salvaguardia dei livelli occupazionali Adottando la soluzione contraria, come posto in rilievo da autorevole dottrina, verrebbero agevolate le partecipazioni in “società senza impresa”, ovvero dove siano state veicolati beni non costituenti azienda (denaro, fabbricati, terreni, valori mobiliari) con il rischio di uno svuotamento del tributo successorio, rivolto a far sopravvivere l’impresa, esercitata anche tramite una società di cui si detenga il controllo.

Non sono, quindi, agevolabili le partecipazioni in società immobiliari, che non svolgono attività d’impresa (tra le quali l’Agenzia delle entrate individua la società oggetto di trasferimento delle quote in favore delle ricorrenti), sulla base del presupposto che non lo sono i passaggi di beni immobili in quanto, come parimenti evidenziato da autorevole dottrina, se l’agevolazione non si applica al trasferimento di un patrimonio immobiliare, parimenti deve essere escluso il trasferimento di una quota di controllo di una società immobiliare, pena un’irragionevole di Spa rità di trattamento.

 

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