Operazioni ritenute oggettivamente inesistenti. Mancato esame di materiale indiziario offerto dal contribuente e conseguente vizio di motivazione della pronuncia

by admintrib

Gli accertamenti nei confronti di chi, avendo comprato da soggetti asseritamente “cartiere” (cioé da società che non risultavano avere organizzazione nè essere fiscalmente regolari) sono divenuti per l’Agenzia delle Entrate un facile strumento di reperimento di denaro. La presunzione supersemplice per cui se c’è una cartiera chi ha comprato da essa abbia necessariamente acquistato solo carta infatti sovente tiene davanti agli organi della Giustizia Tributaria anche se non è affatto qualificata ed anzi, nella prassi comune, capita molto spesso che una cartiera sia in realtà un soggetto interposto dal reale venditore e nell’interesse di quest’ultimo che consegna la merce facendola fatturare a chi non verserà mai le imposte sulla cessione.

Da qualche tempo tuttavia la Cassazione sta rimettendo un po’ d’ordine nella questione. Se è vero infatti che la presunzione onera il contribuente di una difesa, egli potrà difendersi con ogni mezzo, inclusi elementi indiziari e presunzioni di segno contrario.

Di ciò è una conferma l’Ordinanza 28 febbraio 2022, n. 6592 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Giudicepietro, Rel. D’Angiolella). Che censura l’omessa motivazione della sentenza laddove non ha esaminato le difese del contribuente anche se riferito a fatti secondari e a riferimenti inferenziali.

Per la Corte va riaffermato un principio pacifico (da Sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e 8054 a Cass. 12 /09/2019, n. 22808) che il fatto di cui sia stato omesso l’esame possa riguardare, oltre che un fatto principale, anche un fatto secondario e, quindi, le presunzioni semplici in quanto queste ultime, a loro volta, si fondano su di un ragionamento che investe un fatto secondario.

Dunque, l’aver omesso di esaminare fatti secondari decisivi, in grado di fondare una presunzione semplice, può certamente dar luogo ad un vizio della sentenza, censurabile ai sensi del n. 5) dell’art. 360 cod. proc. civ. nella formulazione vigente a seguito delle modifiche di cui all’art. 54, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv., con modif., in l. 7 agosto 2012, n. 134 (v. Sez. 3, 06/07/2018, n. 17720, che ha distinto le ipotesi in cui il giudice di merito, nella valutazione della prova indiziaria ex art. 2729 cod. civ., incorra nel vizio di violazione e falsa applicazione di norma di diritto ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 3) – i).

Ciò si verifica nell’ipotesi in cui il giudice di merito contraddica il disposto dell’art. 2729 c.c., comma 1, affermando che un ragionamento presuntivo può basarsi anche su presunzioni (rectius: fatti) che non siano gravi, precise e concordanti ; ii) l’ipotesi in cui il giudice di merito fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o di precisione o di concordanza ai fini della inferenza da esso della conseguenza ignota, così sussumendo sotto la norma dell’art. 2729 cod.civ., fatti privi di quelle caratteristiche e, quindi, incorrendo in una sua falsa applicazione, giacché dichiara di applicarla assumendola esattamente nel suo contenuto astratto, ma lo fa con riguardo ad una fattispecie concreta che non si presta ad essere ricondotta sotto tale contenuto, cioè sotto la specie della gravità, precisione e concordanza; iii) l’ipotesi, opposta a quella sub ii) in cui espressamente, cioè motivando, il giudice di merito abbia ritenuto un fatto storico privo di gravità o di precisione o di concordanza ai fini della inferenza da esso della conseguenza ignota, così rifiutandosi di sussumere sotto la norma dell’art. 2729 cod.civ., fatti che avrebbero avuto le caratteristiche per esservi sussunti e, quindi, incorrendo per tale ragione in una sua falsa applicazione – da quelle in cui il giudice di merito abbia omesso di considerare un fatto noto come giustificativo dell’inferenza di un fatto ignoto e, dunque, la mancanza di applicazione di un ragionamento presuntivo che si sarebbe potuto e dovuto fare, allorquando il giudice di merito non abbia motivato alcunché al riguardo, deducibile ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, cioè come omesso esame di un fatto secondario, quello che avrebbe fondato la presunzione e lo è nei sensi e con i limiti sottesi a detto paradigma.

Nel caso specifico, alla luce delle difese svolte dalla società contribuente nei giudizi di merito – debitamente localizzate in seno al ricorso – non v’è dubbio che i giudici di appello abbiano omesso di considerare una serie di fatti noti come giustificativi dell’inferenza di un fatto ignoto, omettendo di motivare alla luce degli elementi presuntivi (fatti secondari) addotti dalla parte per contrastare la pretesa dell’Ufficio.

Viene quindi accolto lo specifico motivo di ricorso, considerato che, con riguardo all’ipotesi di fatturazione inesistente, il ragionamento inferenziale non avrebbe potuto prescindere dagli elementi (secondari) addotti per provare l’effettività delle operazioni, indicati dalla contribuente in una serie di contratti, indicati in atti, volti a provare le varie fasi della produzione con riguardo all’anno d’imposta in contestazione (sulla prova gravante sul contribuente in ipotesi di operazioni oggettivamente inesistenti v., ex multis, Sez. 5, 29/07/2021, n. 21733).

 

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