Legittima (ma non obbligatoria) l’impugnazione di atti impositivi non enunciati nell’articolo 19 del D.Lgs. 546/92

by admintrib

Niente di particolarmente nuovo nella Ordinanza 24 febbraio 2022, n. 6267 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Crucitti, Rel. Cataldi): eppure coniugando sulla specifica situazione esaminata principi diversi (ancorché consolidati) la Suprema Corte fornisce un quadro decisamente interessante e favorevole al contribuente.

Mentre infatti viene ritenuta legittima dai Giudici di Legittimità l’impugnazione della comunicazione di irregolarità in caso di controlli automatizzati (il cosiddetto “avviso bonario”) la Corte ritiene che la mancata impugnazione della stessa non precluda poi la contestazione della successiva cartella di pagamento.

Infatti per la Sezione Tributaria è vero che, come nel caso specifico aveva rilevato la stessa CTR, secondo la giurisprudenza consolidata, «In tema di impugnazione di atti dell’amministrazione tributaria, nonostante l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, i principi costituzionali di buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.) e di tutela del contribuente (art. 24 e 53 Cost.) impongono di riconoscere l’impugnabilità di tutti gli atti adottati dall’ente impositore che portino, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, con l’esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, senza necessità di attendere che la stessa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dalla norma su richiamata, e tale impugnazione va proposta davanti al giudice tributario, in quanto munito di giurisdizione a carattere generale e competente ogni qualvolta si controversa di uno specifico rapporto tributario. Ne consegue che anche la comunicazione di irregolarità ex art. 36 bis, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, portando a conoscenza del contribuente una pretesa impositiva compiuta, è immediatamente impugnabile innanzi al giudice tributario.» (Cass. 11/05/2012, n. 7344; conformi, ex plurimis, Cass. 19/02/2016,n. 3315).

D’altro canto si è ormai affermato il principio per cui «In tema di contenzioso tributario, l’impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, il quale, tuttavia, abbia natura di atto impositivo (nella specie, le fatture TIA), è una facoltà e non un onere, il cui mancato esercizio non preclude la possibilità d’impugnazione con l’atto successivo (nella specie, la cartella di pagamento).» (Cass.18/07/2016, n. 14675;conformi, ex plurimis, Cass. 02/11/2017, n. 26129; Cass. 06/10/2017, n. 23469; Cass. 21/01/2020, n. 1230).

Viene dunque accolto il ricorso del contribuente visto che non si era uniformata a tali principi la CTR nel ritenere, pronunciandosi nella sostanza esclusivamente in rito, che la mancata impugnazione della comunicazione precludesse al contribuente la proposizione del ricorso introduttivo contro la successiva cartella.

 

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