La Suprema Corte interpreta (restrittivamente) le tutele dello “Statuto del Contribuente”. Ma non erano principi immanenti dell’ordinamento tributario?

by admintrib

Forse vale la pena di ricordare in due parole la genesi dello “Statuto del Contribuente”, visto il tempo trascorso dalla sua emanazione.

Si tratta del testo voluto da tantissimo tempo dai più autorevoli giuristi per raccogliere i Principi dell’ordinamento tributario in diretta attuazione (espressamente indicata dal Legislatore) delle regole costituzionali. Nella nostra tradizione giuridica l’idea Vanoniana di un Codice Tributario che contenesse l’intera normativa ha ceduto infatti pian piano il passo, su impulso di ulteriori Maestri (Marongiu ed altri),  a un “codice” di raccolta delle regole fondamentali (sul genere dell’Abgabenordnung tedesco), inderogabili, immodificabili se non espressamente dal legislatore ordinario e con criteri rigidi sul piano interpretativo.

Con questi modestissimi riferimenti in testa, addirittura banali per chi conosca il diritto tributario, proviamo allora a leggere un passaggio della Sentenza 22 novembre 2022 n. 34386 (Pres. Balsamo, Rel. Picardi) della Quinta sezione della Corte di Cassazione.

I Principi statutari in gioco sono i seguenti:

  1. Il principio di motivazione degli atti tributari.

Art. 7.  (Chiarezza e motivazione degli atti)

1. Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama. 

2. Gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare: 

a) l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento;

b) l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela;

c) le modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili.

2. Il principio di conoscenza degli atti da parte della Pubblica Amministrazione.

Art. 6.  (Conoscenza degli atti e semplificazione)

4. Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente. Tali documenti ed informazioni sono acquisiti ai sensi dell’articolo 18, commi 2 e 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, relativi ai casi di accertamento d’ufficio di fatti, stati e qualità del soggetto interessato dalla azione amministrativa.

Ebbene, nella sentenza n. 34386 in relazione ai Principi sopra riportati, invocati dal Contribuente in uno specifico motivo di doglianza, la Corte si esprime testualmente come segue:

Per quanto attiene al primo profilo della censura, deve rilevarsi che l’obbligo di motivazione degli atti impositivi, sancito dall’art. 7 del cd. Statuto del contribuente, deve essere interpretato avendo riguardo ai canoni di leale collaborazione e buona fede, espressi dal successivo art. 10, la cui portata deve essere ricostruita alla luce dei principi di solidarietà economica e sociale e di ragionevolezza sanciti, rispettivamente, dagli artt. 2 e 3 Cost.: ne deriva che sono irrilevanti le violazioni formali che non abbiano arrecato un’effettiva lesione della sfera giuridica del contribuente (Sez. 5, n. 11052 del 9/05/2018, Rv. 648361 – 01). Alla luce di tale principio, la decisione impugnata risulta corretta, atteso che, nonostante il mancato esplicito riferimento, negli avvisi di accertamento impugnati, alla perizia di stima dell’Ing. M. del 2007 ed alla dichiarazione del geom. G. del 2011, la motivazione di tali provvedimenti contiene l’individuazione degli elementi costitutivi del rapporto tributario e l’implicito disconoscimento dell’agevolazione pretesa, sicché il diritto di difesa del contribuente non ha subito alcun pregiudizio. A ciò si aggiunga che a p. 5 del ricorso il ricorrente ha allegato che la perizia di stima dell’Ing. M. è stata depositata presso l’Ufficio Urbanistica ed edilizia privata del Comune di Massa e Cozille, mentre nessuna precisazione ha fornito rispetto alla dichiarazione del Geom. G. Invero, proprio i principi invocati di leale collaborazione e di cooperazione avrebbero imposto, quantomeno, una segnalazione preventiva degli stessi documenti all’ufficio competente alla liquidazione del tributo al fine di sollecitare la (pretesa) espressa motivazione sugli stessi negli avvisi di accertamento. Deve, difatti, affermarsi il seguente principio di diritto: il divieto posto dall’art. 6, comma 4, della l. n. 212 del 2000, all’Amministrazione finanziaria di chiedere al contribuente documenti ed informazioni già in suo possesso o in possesso di altre Amministrazioni pubbliche non comporta l’obbligo di estendere la motivazione a tutte le circostanze note alla Pubblica Amministrazione, atteso che una simile interpretazione contrasterebbe con il principio di semplificazione dell’attività amministrativa, che è proiezione di quello costituzionale di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., che impone una motivazione completa ed esaustiva, ma essenziale e, quindi, limitata ai presupposti dell’atto impositivo”.

Dunque il primo principio, come visto di carattere tassativo, “deve essere interpretato” e la sua portata “deve essere ricostruita”. Per conseguenza “ne deriva che sono irrilevanti le violazioni formali che non abbiano arrecato un’effettiva lesione della sfera giuridica del contribuente”. Quindi un principio tassativo parrebbe diventare, se abbiamo ben compreso, un criterio da seguire sulla base di una valutazione del Giudice evidentemente da fare caso per caso.

Quanto al divieto di chiedere informazioni già possedute dalla Parte Pubblica, anch’esso principio immanente dell’Ordinamento, applicabile, come detto “in ogni caso” viene fatto oggetto di un principio di diritto di elaborazione giurisprudenziale secondo cui:

“il divieto posto dall’art. 6, comma 4, della l. n. 212 del 2000, all’Amministrazione finanziaria di chiedere al contribuente documenti ed informazioni già in suo possesso o in possesso di altre Amministrazioni pubbliche non comporta l’obbligo di estendere la motivazione a tutte le circostanze note alla Pubblica Amministrazione, atteso che una simile interpretazione contrasterebbe con il principio di semplificazione dell’attività amministrativa, che è proiezione di quello costituzionale di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., che impone una motivazione completa ed esaustiva, ma essenziale e, quindi, limitata ai presupposti dell’atto impositivo”.

Sinceramente non abbiamo compreso letteralmente il significato del Principio dalle parole “non comporta l’obbligo” in avanti. Certamente per colpa nostra. Per questo ci asteniamo da ulteriori commenti.

 

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