La rinuncia all’eredità, in qualunque momento avvenga, impedisce che il chiamato risponda dei debiti tributari del “de cuius”. Anche per atti divenuti definitivi

by admintrib

“Il chiamato all’eredità, che abbia ad essa validamente rinunciato, non risponde dei debiti tributari del “de cuius”, neppure per il periodo intercorrente tra l’apertura della successione e la rinuncia, neanche se risulti tra i successibili “ex lege” o abbia presentato la dichiarazione di successione (che non costituisce accettazione), in quanto, avendo la rinuncia effetto retroattivo ex art. 521 c.c., egli è considerato come mai chiamato alla successione e non deve più essere annoverato tra i successibili”.

Ed ancora:

“spetta a colui che agisca in giudizio nei confronti del preteso erede per debiti del de cuius, l’onere di provare, in applicazione del principio generale contenuto nell’art.2697 c.c., ‘l’assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, qualità che non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella sua qualità di erede”.

Sono principi ribaditi dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione nella sentenza 12 aprile 2022 n. 11832 (Pres. De Iasi, Rel. D’Oriano).

Nel caso specifico il Collegio ha ritenuto che tali principi vadano necessariamente estesi anche all’ipotesi in cui sia stato notificato al chiamato un avviso di liquidazione relativo all’imposta di successione, e tale avviso sia divenuto definitivo per mancata impugnazione.

Infatti a giudizio della Corte, secondo la corretta applicazione dell’art. 7 del d.lgs. n. 346 del 1990, è vero che in tema di imposta di successione il presupposto dell’imposizione tributaria va individuato nella chiamata all’eredità e non già nell’accettazione, ma tale individuazione resta tuttavia condizionata al fatto che il chiamato acquisti poi effettivamente la qualità di erede, per cui l’imposta va determinata considerando come eredi i chiamati che non provino di aver rinunciato all’eredità o di non avere titolo di erede legittimo o testamentario. Sebbene ai fini della legittimazione passiva di tale imposta sia sufficiente essere chiamati all’eredità, l’efficacia retroattiva della rinuncia, legittimamente esercitata, determina il venir meno con effetto retroattivo anche della legittimazione passiva. Sarebbe infatti contrario all’art. 53 Cost. assoggettare ad imposta un soggetto rispetto al quale il presupposto impositivo, rappresentato dalla trasmissione di beni mortis causa, non sia addirittura mai sorto per effetto della rinuncia.

Con ciò viene respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano che aveva accolto l’appello del contribuente, rilevando che la rinuncia all’eredità, avendo valore retroattivo, aveva fatto venire meno lo stesso presupposto del tributo, con conseguente inefficacia degli atti tributari. Ciò in riforma della sentenza della CTP che invece aveva inizialmente respinto il ricorso del contribuente sul presupposto che l’avviso di accertamento fosse divenuto definitivo perché non impugnato.

 

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