L’Ordinanza n. 28804 depositata l’8 novembre 2024 della quinta Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Di Marzio, Rel. Angarano) fornisce, correttamente, una interpretazione letterale dell’art. 1, comma 36, legge 24 dicembre 2007, n. 244, respingendo la tesi restrittiva dell’Agenzia delle Entrate e con essa il ricorso della stessa Agenzia.
La norma del 2007 – dopo aver previsto l’istituzione a mezzo di successivo D.M. di una Commissione di studio sulla fiscalità delle imprese immobiliari al fine di proporre modifiche normative agevolative in funzione della politica di sviluppo dell’edilizia abitativa – stabilisce, sino all’applicazione delle suddette modifiche, “la non rilevanza ai fini dell’articolo 96 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, degli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione”.
Per effetto della citata disposizione, pertanto, gli interessi passivi, corrisposti per “finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione” sono totalmente deducibili, in deroga al regime di parziale deducibilità previsto dall’art. 96 t.u.i.r.
Secondo la lettura dell’AdE, però, per beneficiare del regime agevolativo di cui all’art. 1 comma 36, cit., “sarebbe necessario un collegamento diretto tra immobile da destinare alla locazione e finanziamento contratto per la sua acquisizione nel senso che il mutuo ipotecario deve avere ad oggetto gli immobili effettivamente destinati alla locazione e deve essere stato contratto per finanziare l’acquisto e/o la costruzione dell’immobile medesimo”.
Sempre a giudizio della ricorrente, la disposizione controversa fa riferimento a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili “destinati alla locazione” e non ad immobili “dati o concessi in locazione”. Ciò implicherebbe che il mutuo sia stato contratto per procurarsi la disponibilità di un immobile “da concedere successivamente” in locazione e non “già locato” al momento in cui viene contratto il finanziamento, sicché quest’ultimo deve essere stato il mezzo con il quale l’impresa se lo è procurato. Si aggiunge anche che, se non si ritenesse decisivo il tenore letterale della disposizione, sarebbe determinate l’interpretazione teleologica della norma, volta a favorire, attraverso lo sviluppo dell’edilizia abitativa, il mercato delle locazioni, evitando che il costo dell’indeducibilità degli interessi venga ribaltato sull’utente finale.
Dunque secondo questa linea di lettura sarebbe quella per cui restino deducibili per intero “i soli costi necessari per l’acquisizione o costruzione del bene”; solo questi ultimi, infatti, sarebbero suscettibili di essere ribaltati sull’utente finale e non i costi di finanziamenti contratti per finalità diverse, rispetto ai quali il bene costituisce mera garanzia reale, i quali non incidono sul mercato delle locazioni e non hanno, pertanto, motivo di godere di un trattamento fiscale privilegiato.
La Suprema Corte, però, non avalla affatto questa interpretazione.
Conferma in primo luogo che la lettera della norma prevede che gli interessi passivi, corrisposti per “finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione” sono totalmente deducibili, in deroga al regime di parziale deducibilità previsto dall’art. 96 t.u.i.r.
In ordine alle sorti successive di tale disciplina, va evidenziato che l’art. 4, comma 4, D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147 (Disposizioni recanti misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese) ha limitato soggettivamente la portata della disposizione in quanto, dopo le parole: “immobili destinati alla locazione” ha aggiunto le seguenti: “per le società che svolgono in via effettiva e prevalente attività immobiliare” ed ha precisato che si considerano tali “le società il cui valore dell’attivo patrimoniale è costituito per la maggior parte dal valore normale degli immobili destinati alla locazione e i cui ricavi sono rappresentati per almeno i due terzi da canoni di locazione o affitto di aziende il cui valore complessivo sia prevalentemente costituito dal valore normale di fabbricati.”.
Successivamente, l’art. 14, comma 2, D.Lgs. 29 novembre 2018, n. 142 ne aveva disposto l’abrogazione; tuttavia, l’art. 1, comma 7, legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per il 2019) ne ha fatta salva l’applicazione “nelle more della mancata adozione della revisione della normativa sulla fiscalità diretta ed indiretta delle imprese immobiliari”.
Secondo la Corte, diversamente da quanto sostenuto dall’Agenzia delle entrate, deve ritenersi che sia del tutto indifferente che gli immobili siano o meno già locati al momento della stipula del finanziamento. Non convince l’assunto dell’Ufficio secondo il quale il riferimento testuale ad immobili “destinati” alla locazione vada inteso nel senso che quest’ultima debba essere successiva. La destinazione, infatti implica un rapporto causale, e non temporale, tra finanziamento e locazione, sebbene detto nesso debba essere provato in modo obiettivo. Ugualmente, va disatteso l’argomento secondo cui l’ambito oggettivo di applicazione della norma vada limitato agli interessi passivi corrisposti su finanziamenti contratti esclusivamente per l’acquisto o per la costruzione degli immobili destinati alla locazione, trattandosi di limitazione che non trova alcun riscontro nel testo normativo.
Del resto, la Corte in merito all’art. 1, comma 36, se pure con riferimento a fattispecie in cui veniva in rilievo la diversa questione dell’applicabilità del beneficio in caso di rinegoziazione del mutuo, ha già evidenziato che “la portata di tale disposizione, quale ricavabile dalla sua interpretazione letterale e teleologica, è estremamente ampia, tanto da non giustificare limitazioni né sul piano oggettivo, delle tipologie di immobili considerate, né sul piano funzionale, degli obiettivi dell’indebitamento. Altresì, nei lavori preparatori, si è detto che, pur ipotizzandosi possibili manovre elusive da parte dei contribuenti volte a garantirsi un più ampio valore di deducibilità degli interessi passivi, va rimarcato che la deducibilità ha come fine anche quello di incentivare la capitalizzazione aziendale” (Cass. 21/07/2023, nn. 21885 e 21880 seguite da Cass. 24/07/2023, n. 22191 e Cass. 27/07/2023, n. 22735).
Non si capisce invece perché al contribuente, trascinato in tre gradi di giudizio da una lettura parziale ed (evidentemente) contraria alla lettera della Legge, come si evidenzia nel testo, non spetti il reintegro delle spese di lite. Secondo la Corte, infatti, “Vi sono giusti motivi di compensazione delle spese di lite stante la novità della specifica questione trattata”….