“Il provvedimento di sequestro giudiziario e la nomina del custode non privano il contribuente della sua legittimazione processuale ai sensi dell’art. 75 cod. proc. civ., con riferimento ai debiti fiscali già maturati prima del sequestro”.
Questo il principio di diritto ribadito con ordinanza n. 12696 del 21 aprile 2022 dalla Sezione Filtro della Corte di Cassazione (Pres. Cirillo, Rel. Angarano).
Nei fatti l’Agenzia delle Entrate notificava nei confronti di una società sottoposta a provvedimento di sequestro giudiziario un avviso di accertamento concernente il recupero a tassazione di IVA, Ires e Irap per l’anno di imposta 2008. Sia la CTP di Salerno che la CTR Campania rigettavano i ricorsi presentati dalla società contribuente. In particolare la CTR aveva ritenuto l’amministratore e custode giudiziario nominato dal tribunale l’unico soggetto legittimato a rappresentare la società.
Come sottolineato nell’occasione dai Giudici di Legittimità nessuna norma in materia di sequestro giudiziario né in tema di misure cautelari personali, custodiali o interdittive, sancisce la perdita della capacità processuale dell’indagato.
La Corte ha ricordato che il custode giudiziario, pur ripetendo i propri poteri di amministrazione dal perimetro del provvedimento giudiziale di nomina o dalla legge, ha quale funzione peculiare, di regola, quella di garantire la corretta e proficua prosecuzione dell’attività aziendale.
Del resto il soggetto passivo delle imposte concernenti il periodo immediatamente precedente non può che essere il contribuente; egli infatti per effetto del sequestro non subisce alcuna deminutio sul piano della capacità giuridica, di agire e anche della rappresentanza processuale (cfr. Cass. n. 29487/2021, Cass. n. 6111/2019, Cass. n. 23620/2011)
La Corte dunque, atteso il riconoscimento della legittimazione attiva della società ricorrente, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata evidenziato il malgoverno dei suddetti principi operato dalla CTR.
(commento a cura del Dott. Lorenzo Tortelli)