La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, con l’Ordinanza 9739 del 12 aprile 2023 (Pres. Fuochi Tinarelli, Rel. Chiesi) si occupa di una richiesta di rimborso IVA presentata senza la dichiarazione di cui al D.P.R. n. 542 del 1999, art. 8, comma 3, contenente i dati richiesti per l’istanza di rimborso. Nei gradi di merito i Giudici avevano ritenute non dovute le sanzioni per tale inadempimento alla luce della spettanza del rimborso accertata dall’Agenzia delle Entrate, disponendo il rimborso con relativi interessi.
Per la Corte invece va affermato che in tema di I.V.A., la dichiarazione di cui al D.P.R. n. 542 del 1999, art. 8, comma 3, contenente i dati richiesti per l’istanza di rimborso, fin dal momento della sua introduzione e prima ancora della previsione di uno specifico termine per il suo espletamento, integra un presupposto della compensazione, sicché, pur non escludendo, in presenza delle altre condizioni, l’esistenza di un credito d’I.V.A. suscettibile comunque di rimborso e non determinando conseguentemente il suo recupero da parte dell’amministrazione finanziaria, la sua omissione giustifica – contrariamente all’assunto della C.T.R. – l’applicazione della sanzione di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, commi 1 e 2, in quanto strumentale a controlli di tipo sostanziale (Cass., Sez. 5, 7.4.2022, n. 11270, Rv. 664340-02).
La conclusione che precede si pone, d’altra parte, secondo i Giudici di Legittimità, in perfetta linea di continuità con l’indirizzo della Corte stessa, per cui, nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria recuperi, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36-bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, 54 bis, un credito esposto nella dichiarazione oggetto di liquidazione, maturato in una annualità per la quale la dichiarazione risulti omessa, il contribuente può dimostrare, mediante la produzione di idonea documentazione, l’effettiva esistenza del credito non dichiarato, ed in tale modo viene posto nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato (salvo sanzioni ed interessi) qualora avesse presentato correttamente la dichiarazione, atteso che, da un lato, il suo diritto nasce dalla legge e non dalla dichiarazione e, da un altro, in sede contenziosa, ci si può sempre opporre alla maggiore pretesa tributaria del Fisco, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria (Cass., Sez. 5, 5.12.2018, n. 31433);
In ultima analisi, l’omessa presentazione della dichiarazione I.V.A., pure a fronte del successivo riconoscimento del credito, non tocca la sorte di sanzioni ed interessi, che restano comunque dovuti dal contribuente.
Viene così accolto il ricorso dell’A.d.E. compensando le spese per la novità del tema e del relativo orientamento giurisprudenziale.