I principi per cui contestare per cassazione le regole di interpretazione dei contratti secondo la Sezione Tributaria. Con qualche dubbio sulla (evidente) violazione di legge

by admintrib

ll motivo di ricorso che censuri la violazione dei canoni interpretativi da parte del giudice di merito non può limitarsi a fare riferimento alle regole generali di interpretazione ma deve specificare, in rispetto del principio di autosufficienza, i canoni in concreto violati precisando il modo e le considerazioni attraverso le quali il giudice se ne è discostato.

Lo precisa la Sezione Triburaria della Corte di Cassazione nella Ordinanza del 10 novembre 2022 n. 33244 (Pres. Cirillo, Rel. D’Angiolella).

In questo caso la controversia originava dalla plusvalenza scaturente da un contratto di cessione di partecipazioni, concluso in data 8 agosto 2007, in cui due persone fisiche cedevano ad una s.r.l., le quote di partecipazione sociale di una s.r.l. dietro pagamento, regolato in parte in denaro(euro 100.000,00) ed in parte in cessione di immobile da edificare (euro 675.000 ,00 ) . Le contribuenti hanno presentato istanza di rimborso assumendo che, come da contratto , il momento impositivo andasse individuato nell’anno in cui si era realizzato l’effetto obbligatorio,ovvero quando la parte cedente avesse acquista to la proprietà della cosa (immobile da edificare del valore di euro 675.000,00).

Inoltre era pacifico, oltre che accertato dalla sentenza impugnata, che, successivamente al primo, è intervenuto un secondo accordo di rettifica tra le parti in cui si concordava la riduzione del prezzo da pagare.

La Commissione di secondo grado ha rigettato l’appello di parte contribuente in base all’interpretazione delle clausole contrattuali ritenendo prive di pregio le tesi di parte contribuente sulla natura del contratto (permuta di cosa futura) e sull’esistenza di una condizione sospensiva, in quanto contrastanti con la univoca volontà espressa dalle parti tesa ad effettuare una vendita i cui effetti obbligatori non sono stati differiti nel tempo,o sottoposti a condizione, ma si sono verificati all’atto della conclusione del contratto.

In altri termini, nell’interpretare la comune intenzione delle parti, quale risultante dalle pattuizioni espresse in contratto (artt. 1362 e ss. cod. civ.), i giudici di secondo grado hanno qualificato il contratto di cessione di cui trattasi come un normale contratto di vendita, ovvero di un contratto consensuale (che si perfeziona, cioè, col consenso delle parti) ad efficacia reale non differita, ma immediata.

Per la Corte le censure dei ricorrenti finiscono di fatto per riguardare l’interpretazione– che si assume erronea – che il giudice di merito ha dato del contratto originativo dell’asserito indebito.

Tale essendo il chiaro tenore dei entrambi i motivi di ricorso, essi risultano inammissibili “essendo principio assolutamente pacifico (ex plurimis, Cass.,15/11/2017, n. 27136; Cass.,09/04/2021, n. 9461; Cass.,04/04/2022, n. 10754) che l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce attività riservata al giudice di merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale, ovvero per vizi di motivazione, qualora la sentenza impugnata risulta contraria alla logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo, riservato al giudice di legittimità, del procedimento logico seguito per giungere alla decisione. E’ principio altrettanto pacifico che il motivo di ricorso che voglia censurare la violazione dei canoni interpretativi da parte del giudice di merito non può limitarsi a riferirsi alle regole generali di interpretazione, ma deve necessariamente specificare, in rispetto del principio di autosufficienza, i canoni in concreto violati precisando il modo e le considerazioni attraverso quali giudice se ne è discostato anche raffrontando le statuizioni della sentenza impugnata con il testo integrale della regolamentazione pattizia o della parte in contestazione e senza limitarsi ad una mera contrapposizionetra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (v. Cass., 28/11/2017, 28319)”.

A nostro modestissimo avviso la questione posta riguardava invece la tassazione di plusvalenze che va effettuata al momento del realizzo e non al momento della cessione della partecipazione. Principio per il quale l’impegno a costruire una casa senza che la casa esista e che sia trasferita non può essere identificato come pagamento di un corrispettivo. Questo in termini a dire il vero elementari.

Forse la contestazione, articolata e di ampio respiro, ha indotto la Suprema Corte a focalizzarsi sulla interpretazione del contratto, quando la questione, aldilà degli aspetti procedimentali, riguardava invece la errata applicazione delle regole sulla tassazione dei redditi di capitale.

 

Articoli correlati

ilTRIBUTO.it – Associazione per l’approfondimento e la diffusione dell’informazione fiscale nasce a giugno del 2014 intorno all’idea che la materia fiscale sia oggi di fondamentale importanza e che debba essere sempre piú oggetto di studio e di critica – sempre costruttiva – da parte di persone preparate.

I prezzi dei nostri libri sono Iva 4% esclusa

RIMANI AGGIORNATO!
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

CONTATTI

+39 055 572521

info@iltributo.it

supportotecnico@iltributo.it

Seguici sui nostri social

©2023 – Associazione culturale “il tributo” Sede Legale Via dei Della Robbia, 54 – 50132 Firenze C.f. 94238970480 – P.iva 06704870481
Restyling by Carmelo Russo