E’ ammissibile la deduzione in grado di appello della intervenuta definizione della controversia fiscale? Sulla questione, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione con l’Ordinanza interlocutoria n. 27290 del 23 dicembre 2014 (che linkiamo direttamente dal sito della Corte) ha rimesso gli atti al primo presidente per un eventuale rinvio alle Sezioni Unite. La questione è molto interessante sul piano giuridico per il corretto inquadramento degli effetti da attribuire alle istanze di condono (e al pagamento delle relative somme).
I Giudici della V Sezione rilevano come, in relazione alla domanda di estinzione della lite per intervenuta definizione nelle diverse forme previste dalla legge n. 289/2002, proposta per la prima volta nel giudizio di appello, è andato formandosi un palese contrasto nella giurisprudenza della Cassazione.
Secondo una prima tesi tale deduzione costituirebbe domanda nuova, ai sensi dell’art. 57, D.lgs. n. 546/1992, se il fatto costitutivo del diritto si fosse verificato in pendenza del giudizio di primo grado, configurandosi un mutamento della causa petendi, nonchè del petitum. In sostanza il ricorrente in primo grado ha formulato una richiesta (annullamento dell’atto, riduzione del tributo o altro) che in grado di appello viene variata per richiedere la cessata materia del condendere.
Secondo una visione diversa il condono fiscale ai sensi della legge n. 289/2002, nelle varie forme ivi previste, ha di per sè un effetto estintivo del giudizio. Ne consegue che il Giudice deve limitarsi a rilevare d’ufficio tale accadimento, senza che occorra una specifica eccezione ad opera della parte interessata a farla valere.
Non resta che attendere la decisione del Presidente