“Va riconosciuto il diritto del contribuente di «ripristinare la verità fiscale» derivante da una erronea dichiarazione di scienza, in relazione alla quale il contribuente ben può attendere l’azione accertativa dell’Ufficio e, ove sussistano errori materiali, emendare e ritrattare la propria erronea originaria dichiarazione in sede processuale.”.
Questo il principio di diritto ribadito con ordinanza n. 35577 del 2 dicembre 2022 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Virgilio, Rel. D’Aquino).
Nei fatti un contribuente impugnava una cartella di pagamento relativa a maggiore IVA del periodo di imposta 2007, emessa a seguito di controllo automatizzato, deducendo come la dichiarazione IVA inviata per il relativo anno di imposta fosse affetta da errore materiale (in quanto contenente gli importi relativi alle risultanze contabili dell’anno di imposta precedente, laddove nel periodo di imposta in oggetto il contribuente non avrebbe effettuato operazioni attive). Il contribuente deduceva inoltre di avere presentato dichiarazione integrativa nel corso del giudizio di primo grado. La CTP respingeva il ricorso. La CTR respingeva l’appello ritenendo che la dichiarazione IVA è emendabile oltre il termine di cui all’art. 8- bis d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 solo nel caso in cui si tratti di errori od omissioni di carattere meramente formale, laddove nel caso di specie la dichiarazione integrativa si sarebbe dovuta presentare entro il termine della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo. Proponeva dunque ricorso per cassazione il contribuente lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, commi 8 e 8-bis d.P.R. n. 322/1998, degli artt. 24, 53 e 97 Cost. e dell’art. 10 l. 27 luglio 2000, n. 212.
Cone ricordato dalla Corte l’art. 8 d.P.R. n. 322/1998 opera(va) in materia di dichiarazione IVA un rinvio recettizio all’art. 2, commi 8 e 8-bis del medesimo d.P.R., in tema di dichiarazione integrativa delle imposte dirette e dell’IRAP.
Anche in materia di IVA opera dunque il principio per il quale la dichiarazione del contribuente, affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione, è – in linea di principio – emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante a oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico, riposando tale conclusione sul principio secondo cui “la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti”. (Cass., Sez. V, 30 luglio 2018, n. 20119).
In aggiunta la natura giuridica della dichiarazione fiscale quale mera esternazione di scienza del dichiarante e il rispetto del disposto dell’art. 10 l. 27 luglio 2000, n. 212 “comportano l’inapplicabilità in sede giudiziaria delle decadenze prescritte per la sola fase amministrativa, con la conseguenza che il contribuente può opporsi, in detta sede, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria” (Cass., Sez. V, 5 settembre 2019, n. 22197).
Come sottolineato dai Giudici di Legittimità “oggetto del contenzioso tributario è infatti l’accertamento circa la legittimità della pretesa impositiva, quand’anche fondata sulla base di dati forniti dal contribuente […] onde non può escludersi il diritto del contribuente a contestare il provvedimento impositivo, allegando le circostanze, quali anche errori od omissioni presenti nella dichiarazione, che provano l’insussistenza del credito preteso; pertanto, ove sia l’Erario ad agire, è nella sede processuale, di impugnazione della cartella di pagamento che liquidi quanto indicato erroneamente in dichiarazione, che il contribuente potrà sempre dar prova dell’errore e ottenere l’annullamento dell’atto impugnato” (Cass., n. 22197/2019, cit.).
Non a caso anche le Sezioni Unite hanno riconosciuto la “possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione, allegando errori di fatto o di diritto, incidenti sull’obbligazione tributaria, ma di carattere meramente formale, sarebbe esercitabile anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa dell’Amministrazione finanziaria, ed anche oltre il termine previsto per l’integrazione della dichiarazione, poiché questa scadenza opera, atteso il tenore letterale della disposizione, solo per il caso in cui si voglia mutare la base imponibile, ma non anche quando venga in rilievo un errore meramente formale” (Cass., Sez. U., 30 giugno 2016, n. 13378, Cass, Sez. U., 25 ottobre 2002, n. 15063),.
La Corte, rinviata dunque la questione alla CTR, ha accolto il ricorso del contribuente non avendo il giudice di appello esaminato la dichiarazione e verificato se la stessa, emendata durante il procedimento giurisdizionale, fosse affetta da errori meramente formali e, quindi, fosse ritrattabile oltre il termine di cui agli artt. 2, 8 d.P.R. n. 322/1998, nella formulazione pro tempore.
(commento a cura del Dott. Lorenzo Tortelli)