Definizione delle liti ex D.L. n. 119/2018: legittima una domanda per ogni atto impositivo, anche se il giudizio riguarda più accertamenti riuniti

by admintrib

L’ Ordinanza 12 gennaio 2023, n. 805 della sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Buschetta Rel. La Rocca) tratta del ricorso di un contribuente che non si era visto riconoscere la domanda di definizione delle liti pendenti presentata con riferimento ad ogni singolo atto, anziché alla controversia nella quale gli atti impositivi erano stati trattati congiuntamente.

Il ricorso viene accolto sul presupposto che La Corte dettaglia nella motivazione e che oggi potrebbe essere utile, visto che i “condoni” previsti dalla Legge di Bilancio 2023 ( n. 197 del 29 dicembre 2022) ai commi 186-205, riprendono in gran parte le regole precedenti.

Per la Corte è da ritenere fondato il primo motivo relativo al diniego di definizione agevolata. Ai fini della definizione agevolata della lite pendente, l’art. 6 comma 1 del d.l. n. 119 del 2018 prescrive di riferirsi “al valore della controversia(…) stabilito ai sensi del comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546”, secondo cui “per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato”.

Non pare dubitabile che il valore della controversia sia da individuare, in forza dell’art.12 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n.546, nell’importo originario della pretesa tributaria, come indicato nell’atto impugnato, che rappresenta l’oggetto della domanda proposta dall’attore in senso sostanziale (cioè dall’Amministrazione).

Si noti che il successivo comma 8 dell’art. 6 cit. prevede, per ciascuna controversia autonoma, da intendersi “quella relativa a ciascun atto impugnato”, la presentazione di una distinta domanda di definizione, confermando che l’atto tributario, e non il giudizio o la sentenza che lo definisce, costituisce il riferimento della procedura di definizione agevolata della lite pendente.

Nello stesso senso si è già espressa la Suprema Corte, che ha ritenuto irrilevante l’eventuale diverso importo (in quel caso inferiore alla originaria pretesa dell’Amministrazione) determinato a seguito del passaggio in giudicato della sentenza relativa alla medesima obbligazione tributaria nei confronti del coobbligato in solido (Cass. n. 26928 del 2022), riconoscendo, quindi, nella definizione condonistica un regime speciale in deroga alla normativa generale (analogamente, v. Cass. 18001 del 2022).

Questa soluzione appare per i Giudici di Legittimità la più coerente con la giurisprudenza quanto alla relazione tra sanatoria fiscale e rapporto tributario: si è ritenuto, infatti, che la sanatoria si muove lungo i binari di una fattispecie legale vincolata e lascia al contribuente la possibilità di scegliere se coltivare la controversia verso il fisco nei modi ordinari ovvero corrispondere quanto dovuto per la definizione condonistica, ma senza la possibilità di riflessi o interferenze con quanto dovuto sulla linea del procedimento fiscale ordinario (Cass. sez. un. n.1518 del 2016).

Le nuove regole, va ricordato, prevedono che “Entro il 30 giugno 2023 per ciascuna controversia autonoma è presentata una distinta domanda di definizione agevolata esente dall’imposta di bollo ed effettuato un distinto versamento. Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato” (art. 1 comma 195 della Legge . 197 del 29 dicembre 2022). Dunque la questione potrebbe riproporsi e sarebbe importante che nella lettura dell’Agenzia delle Entrate fosse chiarito questo aspetto, senza dover, in futuro, percorrere tre gradi di giudizio per vedersi riconoscere una domanda di definizione.

 

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