Non è legittimo procedere al sequestro preventivo per equivalente nel caso in cui il debito tributario sia stato pagato da un terzo a sua volta debitore del contribuente che ha commesso il reato. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione con la Sentenza n. 43811 depositata il 21 ottobre 2014.
Nel caso all’esame della Corte si era verificato un omesso versamento IVA sopra soglia ricadente nell’art. 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000. Era pertanto stato disposto dal GIP il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti dell’amministratore della suddetta società. Appellato con esito negativo il provvedimento la questione è arrivata in Cassazione. In tale contesto il ricorrente faceva presente che un terzo, debitore della società, aveva nel frattempo eseguito il pagamento dell’imposta evasa, estinguendo un proprio debito in compensazione. Quindi, di fatto, era già stato restituito il profitto del reato.
I giudici di legittimità hanno ritenuto fondate le doglianze del contribuente, affermando, preliminarmente che in tema di reati tributari il sequestro preventivo per equivalente può essere legittimamente mantenuto solo fino a quando si realizza l’intero recupero delle imposte evase.