La Corte di Cassazione con ordinanza 22809 del 28 ottobre 2014 respinge un ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro una sentenza della CTR della Puglia che ha dichiarato la illegittimità della cartella esattoriale con cui l’ufficio chiedeva al fallimento quanto dovuto dalla società fallita a seguito di avviso di accertamento dichiarato legittimo da sentenza passata in giudicato.
L’avviso di accertamento originario era stato legittimamente notificato alla società in bonis e da questa impugnato; nelle more del giudizio di primo grado è intervenuto il fallimento, ma il curatore non si è costituito in giudizio, né la contribuente ha chiesto la interruzione del giudizio ex art. 40 D.Lgs. 546/1992, perciò il giudizio si è legittimamente concluso con una sentenza di merito che rende definitivo il debito tributario della società.
Secondo la Cassazione questa sentenza non è però opponibile alla curatela (mentre ovviamente lo sarebbe se la sentenza fosse stata pronunciata prima della dichiarazione di fallimento). Perciò la cartella esattoriale, correttamente notificata al fallimento, è però illegittima perché adduce un titolo costitutivo della pretesa fiscale che non è opponibile al fallimento stesso.
Infatti la cartella di pagamento, si legge nella motivazione, “è un autonomo atto tributario che – ove divenga definitivo per mancata presentazione di un ricorso- accerta un credito erariale che deve essere inserito nel passivo fallimentare”.