“Il concetto di “bene ammortizzabile” non può essere correttamente inteso nel contesto giuridico dell’IVA con riferimento alle previsioni normative in materia di imposte dirette (artt. 102 e 103 del d.P.R. n. 917/1986) e nemmeno risultano ermeneuticamente dirimenti le disposizioni sul bilancio contenute nel codice civile ovvero i principi contabili, dovendosi fare riferimento “alla nozione – ampia e sostanzialmente economica – di «beni di investimento» che è quella utilizzata nella direttiva “rifusa” (artt. 174, comma 2, lett. a) e comma 3, 188, comma 1, secondo periodo, e comma 2, 189, lett. a), 190, direttiva 2006/112/CEE) e che quindi risulta essere l’unico parametro al quale un’interpretazione “conforme” deve affidarsi”. Ed allora appare chiaro che l’applicazione della disposizione legislativa de qua ve necessariamente estesa ai beni che, pur stricto sensu non ammortizzabili, sono comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un periodo di tempo medio-lungo, appunto quali “investimenti” (beni strumentali)”.
Queste le conclusioni a cui giunge la Quinta Sezione della Corte di Cassazione nella sentenza n. 16664 (Pres. Perrino, Rel. Hmeljak) del 22 giugno 2025.
Nei fatti la CTP di Novara accoglieva i ricorsi riuniti proposti da alcuni Consorzi piemontesi avverso due avvisi di accertamento, relativi, rispettivamente, agli anni di imposta 2009 e 2010, con i quali l’Ufficio aveva applicato al contribuente il pro rata di indetraibilità dell’IVA rilevando che le cessioni di immobili in regime di esenzione IVA non potevano dar luogo al mantenimento dell’intera detrazione, in quanto l’attività di compravendita immobiliare posta in essere non era occasionale, sia per il numero delle cessioni sia per il loro valore, rispetto al totale delle operazioni attive. La CTR del Piemonte rigettava l’appello proposto dall’Agenzia che ricorreva in cassazione.
La Corte, dopo aver illustrato il quadro normativo che disciplina il meccanismo del pro rata IVA in ambito eurounitario e nazionale, ha ricordato come “fra le operazioni escluse dal calcolo della percentuale del pro rata di detrazione vi sono, quindi, anche le cessioni di beni ammortizzabili” e che “per individuare la nozione di “bene ammortizzabile”, in mancanza di una definizione specifica in materia di IVA, occorre procedere sulla base di una “interpretazione conforme”, trattandosi di imposta armonizzata”.
In tal senso i Giudici hanno richiamato quanto recentemente affermato dalla Corte a Sezioni Unite (Cass. Sez. U. n. 13162 del 2024) che ha precisato che, in tema IVA, per l’individuazione del concetto di “bene ammortizzabile” occorre fare riferimento “alla nozione – ampia e sostanzialmente economica – di «beni di investimento» che è quella utilizzata nella direttiva rifusa” e che “l’applicazione della disposizione legislativa de qua ve necessariamente estesa ai beni che, pur stricto sensu non ammortizzabili, sono comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un periodo di tempo medio-lungo, appunto quali “investimenti” (beni strumentali)”.
La Corte ha dunque respinto il ricorso dell’Ufficio osservando come la CTR avesse accertato: che la concreta destinazione dei beni oggetto di cessione, come impressa dalla società contribuente, era quella di beni strumentali o loro pertinenze e che il Consorzio non si occupava di vendita o gestione di beni immobili, ma svolgeva un’altra attività e la cessione dei beni immobili era finalizzata alla dismissione di parte dei beni strumentali che il soggetto passivo utilizzava nell’esercizio della sua impresa, per cui la cessione era stata correttamente esclusa dal calcolo della percentuale del pro rata di detrazione.