Abuso del diritto ed elusione: no alle sanzioni penali nei processi in corso.

by Luca Mariotti

La Terza Sezione penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza 7 ottobre 2015 n. 40272, applica le novità legislative introdotte dal decreto sulla “Certezza del diritto”, ovvero il DLgs. 5.8.2015 n. 128 (in G.U. 18.8.2015 n. 190), rubricato appunto “Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, in attuazione degli articoli 5, 6 e 8, comma 2, della legge 11.3.2014, n. 23”.

In particolare si parla del disposto dall’art. 1, comma 5, del citato decreto, a norma del quale “Le disposizioni dell’articolo 10-bis della L. 27.7.2000, n. 212, hanno efficacia a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e si applicano anche alle operazioni poste in essere in data anteriore alla loro efficacia per le quali, alla stessa data, non sia stato notificato il relativo atto impositivo”. Tra le disposizioni in vigore dal 1° ottobre 2015, c’è da considerare, in particolare, quella del comma 13 del richiamato art. 10-bis, a termini del quale, inequivocabilmente, si stabilisce che “Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie”.

La Corte compie una lunga scansione della vicenda processuale (i cui riferimenti giuridici sono superati dalle nuove norme). Insiste anche sulla attribuzione, nella normativa e nella giurisprudenza previgente, della rilevanza penale delle condotte abusive, che ha costituito un modo per attuare, tra l’altro la Raccomandazione della Commissione del 6.12.2012 sulla pianificazione fiscale aggressiva, con norme interne che la contrastassero.

In conclusione, valutata la novità normativa per tutte le condotte che rientrano nella nuova previsione, frutto della scelta legislativa della depenalizzazione delle operazioni integranti ipotesi di abuso del diritto, i Giudici rilevano che tale norma non è stata accompagnata dalla previsione della asanzionabilità assoluta delle predette operazioni. Vale quindi l’inciso contenuto nel comma 13 dell’art. 10-bis citato (“Resta ferma l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie”).

Secondo la Terza sezione penale, tale previsione è da leggersi in combinato disposto con il comma 5, ultima parte, dell’art. 1, DLgs. n. 128 del 2015 che ha fatto salva l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie. In definitiva, in questo caso, si parla della sanzione per dichiarazione infedele, violazione in relazione alla quale è prevista una sanzione dal 100% al 200% della maggiore imposta ex art. 1, comma secondo, DLgs. 18.12.1997, n. 471.

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