L’articolo 28, comma 4 del D.Lgs. n. 175/2014 prevede testualmente che “Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese”.
Con una avventurosa interpretazione l’Agenzia delle Entrate, nella Circolare 31/2014, al punto 19.2 precisa che “Trattandosi di norma procedurale, si ritiene che la stessa trova applicazione anche per attività di controllo fiscale riferite a società che hanno già chiesto la cancellazione dal registro delle imprese o già cancellate dallo stesso registro prima della data di entrata in vigore del decreto in commento”.
Quindi gli operatori hanno dovuto confrontarsi con questa ipotesi di “resurrezione fiscale” di società estinte. Per effetto di una norma successiva all’estinzione medesima.
E mentre l’Agenzia continuava su questa linea con la successiva Circolare “Telefisco” n. 6/2015, punto 13.1, il Consiglio Nazionale Forense, con un proprio documento del 11 marzo 2015, argomentava efficacemente per la tesi opposta.
Su questa ultima linea si è collocata con decisione la giurisprudenza della Corte di Cassazione. Prima è arrivata la sentenza n. 6743/2015, che ha sancito nettamente che la norma è, in maniera evidente, sostanziale, giacché incide sulla capacità dell’ente cancellato dal Registro Imprese. Oltre a ciò, depongono a favore dell’irretroattività sia la clausola generale contenuta nell’art. 11 delle Preleggi, sia l’art. 3 comma 1 della L. 212/2000, secondo cui, salva l’interpretazione autentica, le leggi tributarie non sono retroattive.
Ancora la Cassazione, con due ordinanze della sesta sezione, ha ribadito la lettura data dalla prima sentenza (cfr. Cass. nn. 9030 e 15648 del 2015).
La recente Sentenza n. 18385, del 18 settembre 2015, riprende i riferimenti della prima sentenza, ribadendo che “La norma … (contrariamente a quanto talora sostenuto dall’amministrazione finanziaria nelle sue circolari), opera su un piano sostanziale, non si risolve in una diversa regolamentazione dei termini processuali o dei tempi e delle procedure di accertamento o di riscossione e non ha valenza interpretativa: pertanto, il differimento quinquennale (operante nei soli confronti dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione, indicati nella disposizione in discorso, con riguardo a tributi o contributi) degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495, secondo comma, c.c. si applica esclusivamente ai casi (diversi da quello di specie) in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (richiesta che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza di detto decreto legislativo (cioè il 13.12.2014 o successivamente)”.