“La sola circostanza della messa in liquidazione, anche volontaria, della società non è idonea ad integrare il requisito del “fondato pericolo per la riscossione”, occorrendo, invece, che a tale condizione concorrano ulteriori fatti – riferibili vuoi a condotte tenute dal contribuente (quali, ad esempio l’occultamento di cespiti), vuoi ad eventi oggettivi esterni (ad esempio, l’adozione di provvedimenti di sequestro, la contestuale presenza di una pluralità di ingenti debiti ovvero la presentazione di istanze di fallimento), vuoi, anche, a gravi irregolarità da parte del liquidatore nella stessa procedura di liquidazione – come tali suscettibili di porre in risalto la criticità della posizione debitoria e il timore di un vulnus per il credito”.
Questo il principio di diritto espresso con ordinanza n. 22529 del 17 luglio 2022 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Virgilio, Rel. Fuochi Tinarelli).
Nei fatti l’Agenzia delle Entrate sottoponeva una S.r.l a verifica fiscale generale per l’anno 2004, al cui esito emetteva avviso di accertamento con il quale, contestata l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, riprendeva a tassazione le imposte illegittimamente compensate o non corrisposte. La contribuente impugnava l’avviso. Nelle more del giudizio l’Ufficio emetteva, dapprima, cartella ex art. 15 d.P.R. n. 602 del 1973 per il 50% delle imposte e interessi e, successivamente, provvedeva ad iscrivere a ruolo straordinario l’intero importo oggetto dell’avviso in base alla sola circostanza della messa in liquidazione volontaria della società contribuente. In seguito agli esiti sfavorevoli in CTP e CTR ricorreva dunque per Cassazione la società contribuente lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 15 bis d.P.R. n. 602 del 1973. In particolare la CTR aveva ritenuto ravvisabile il fondato pericolo per la riscossione “nell’intervenuta messa in liquidazione volontaria della società” giustificando il rilievo sulla considerazione che “tale condizione della società, ancorché volontaria e normalmente prevista e regolata dalla legge allorché il soggetto collettivo intenda procedere al proprio scioglimento e conseguente estinzione, non v’è dubbio che costituisca un’evidente situazione di pericolo per i creditori insoddisfatti i quali vengono formalmente informati che il soggetto debitore sta liquidando le proprie attività patrimoniali per far fronte alle passività e non dispone di ulteriori entrate avendo cessato la propria attività imprenditoriale”
La Corte, dopo aver ripercorso sotto il punto di vista normativo il procedimento della liquidazione delle società di capitali (artt. 2484 e ss. del c.c.), ha ricordato “come l’avvio e lo svolgimento della fase di liquidazione non può ritenersi, di per sé, portatore di disvalore poiché attesta, semplicemente, che la vita di quella particolare società, con una procedura controllata e trasparente, è destinata a chiudersi; al contempo, l’iter avviato è funzionale al soddisfacimento dei creditori esistenti (e solo in subordine dei soci)”.
Del resto, come evidenziato dai Giudici di Legittimità, la giurisprudenza della Corte in alcune rade occasioni ha positivamente valutato, ai fini della legittimità dell’iscrizione a ruolo straordinario, la condizione di messa in liquidazione della società: ciò, tuttavia, in quanto tale status fosse concorrente con altri elementi come ad esempio la sussistenza, alla data della formazione del ruolo, di provvedimento valido ed efficace di iscrizione di ipoteca legale sui beni di società (Cass. 11225/2002; Cass. n. 458/2014).
La Corte, accolto il ricorso e decidendo nel merito, ha dunque cassato la sentenza impugnata che nel ritenere sussistenti i presupposti per l’iscrizione a ruolo straordinaria in forza della sola messa in liquidazione della società, non si era attenuta agli esposti principi.
(commento a cura del Dott. Lorenzo Tortelli)