Vendita dell’unità acquistata coi benefici prima casa e successivo riacquisto senza il trasferimento di residenza: si perdono o meno le agevolazioni?

by Luca Mariotti

L’Ordinanza 30 aprile 2015 n. 8847 della Corte di Cassazione affronta una questione interpretativa ancora dubbia (per la stessa ammissione della Corte) e lo fa conformemente ad un’altra recente sentenza (quella del 10 aprile 2015 n. 7338) e difformemente da altri precedenti (cfr. Ordinanza 9 luglio 2014, n. 15617). Probabilmente dovremo occuparci della questione in uno dei prossimi numeri del nostro approfondimento…..

Proviamo a partire dalla norma, vigente ratione temporis.

 

Si tratta del comma 4 della nota II bis all’art. 1 della Tariffa parte prima allegata al DPR n. 131/1986 che prevede il caso di vendita dell’immobile acquisito coi benefici prima casa e successivo riacquisto. Letteralmente: “ In caso di dichiarazione mendace, o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte. …omissis…. Le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”.

 

La questione è proprio incentrata sull’espressione “da adibire a propria abitazione principale”. Ovvero, manifestata nell’atto di acquisto l’intenzione di adibire a tal fine l’immobile, cosa succede se, per i motivi più disparati, tale intento non si realizza? Si perdono i benefici oppure no? In termini equivalenti, si fronteggiano due possibili interpretazioni:

– da un lato si assume che la condizione sufficiente per evitare la decadenza dal beneficio per effetto della rivendita infraquinquennale consiste nel semplice riacquisto, prima della scadenza di un anno dalla rivendita, di un nuovo immobile in riferimento al quale sia dichiarata (in atto) l’intenzione di adibirlo a propria casa di abitazione, ciò che è da considerarsi (nella valutazione “a posteriori”) elemento di fatto idoneo a consentire al contribuente di conservare il beneficio fiscale (aliquota agevolata di tassazione) goduto in relazione all’originario atto di vendita

– dall’altro si sostiene -invece- che ad integrare il presupposto per la conservazione del beneficio necessiti anche (sebbene non espressamente previsto dalla lettera della legge) l’effettiva realizzazione dell’intento abitativo, in virtù del concreto trasferimento della residenza nell’immobile (o negli immobili) ex novo acquistato dopo la rivendita del primo. Addirittura la realizzazione di tale intento dovrebbe perfezionarsi in un termine controllabile. Quindi entro il quarto anno (un anno per il riacquisto più tre per la liquidazione) dalla vendita dell’immobile acquistato coi benefici prima casa.

In questa ordinanza si esplicitano le ragioni per aderire alla interpretazione più restrittiva, che è ovviamente sostenuta dall’Agenzia. Nel precedente del 2014 citato si opta invece per la soluzione opposta.

Interessante nell’ordinanza è il passaggio in cui si afferma: “Non è chi non veda che queste successive interpolazioni hanno creato difficoltà espressive nel tessuto normativo, onde quest’ultimo necessità di un’attenta esegesi perché gli effetti che ne derivano siano coerenti con la “intendo legis”. Cioè la stessa suprema Corte ammette una evidente incertezza interpretativa. Che dovrebbe almeno preservare il contribuente da sanzioni vista l’obiettiva incertezza sulla norma ammessa anche a tale livello.

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