Termine per impugnare la sentenza tributaria: ininfluente la comunicazione alle parti.

by Luca Mariotti

La Sentenza 18 giugno 2016 n. 12664 della VI Sezione non è di per sé portatrice di particolari novità interpretative. La menzioniamo tuttavia proprio perché essa riafferma principi noti e relativamente ai quali, forse, non è detto che tutto sia stato scritto.

Il tema è la decorrenza del termine “lungo” per impugnare.

Se a norma dell’articolo 37 del D.Lgs. 546/92, primo comma, possiamo essere abbastanza convinti che il termine di cui all’art. 327 c.p.c. (in esso richiamato) decorra dalla pubblicazione, coincidente con il deposito in cancelleria (conforme a questa lettura è la sentenza in commento), c’è ancora chi come il nostro collaboratore Antonino Russo in un recente articolo su Il Fisco, rilevi come  pubblicazione e deposito non siano del tutto la stessa cosa secondo due distinti orientamenti giurisprudenziali.

C’è poi un ulteriore aspetto, ovvero quello della comunicazione del dispositivo alle parti. Da fare nel termine di dieci giorni dal deposito a norma del secondo comma dell’articolo 37. Termine notoriamente ordinatorio e dunque variabile.

Il caso del contribuente è proprio quello per cui per un errore nella comunicazione la sentenza sia stata resa nota molto tempo dopo la sua pubblicazione. Con effetti innegabili di compressione del diritto di difesa. Egli chiede perciò di far decorrere il termine per impugnare la decisione dalla data in cui la parte ne aveva avuto effettiva conoscenza.

La Corte ricorda invece come la propria giurisprudenza consolidata abbia ripetutamente affermato che “l’ammissibilità dell’impugnatone tardiva, oltre il termine “lungo” dalla pubblicatone della sentenza, previsto dall’art. 38, coma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, presuppone che la parte dimostri “l’ignoranza del processo”, ossia di non averne avuto alcuna conoscenza per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza, situazione che non si ravvisa in capo al ricorrente costituito in giudizio, cui non può dirsi ignota la proposizione dell’azione, dovendosi ritenere tale interpretazione conforme ai principi costituzionali e all’ordinamento comunitario, in quanto diretta a realizzare un equilibrato bilanciamento tra le esigenze del diritto di difesa e il principio di certezza delle situazioni giuridiche”.

Quindi nessuna impugnazione tardiva è consentita. Neppure sotto il profilo della remissione in termini poiché “l’errore sulla norma processuale che disciplina le forme di notifica della sentenza tributaria di appello, rimane escluso dall’ambito di applicazione dell’istituto della rimessione in termine già previsto dall’art. 184 bis cod. proc. civ., abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, e sostituito dalla generale previsione di cui all’art. 153 c.p.c., comma 2, in quanto viene a risolversi in un errore di diritto inescusabile (cfr, Cass. n. 17704 del 29/07/2010), non integrante un fatto impeditivo della tempestiva proposizione della impugnazione, estraneo alla volontà della parte, e della prova del quale quest’ultima è onerata”.

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