Registro in rettifica del corrispettivo di compravendita dell’immobile: illegittima l’applicazione del criterio della capitalizzazione del reddito con riguardo all’attività d’impresa in esso esercitata

by admintrib

Con ordinanza n. 22067 del 12 luglio 2022 la Sezione Quinta della Corte di Cassazione (Pres. Chindemi, Rel. Dell’Orfano) ha ricordato come, in materia di imposta di registro, nel caso in cui l’Amministrazione Finanziaria disconosca il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita avvalendosi del c.d. criterio comparativo deve tener conto della redditività dell’immobile eventualmente tratta dal canone di locazione e non con esclusivo riguardo all’attività d’impresa in esso esercitata.

Nei fatti l’Agenzia delle Entrate emetteva avviso di accertamento in rettifica e liquidazione di imposta di registro relativamente alla vendita, in favore di un istituto finanziario, di un complesso immobiliare oggetto di compravendita immobiliare allo scopo della sua cessione in locazione finanziaria ad una s.a.s. La CTP di Genova accoglieva il ricorso delle due società; la CTR della Liguria respingeva invece l’appello dell’Ufficio. Ricorreva per cassazione dunque l’Agenzia lamentando come la Commissione Tributaria Regionale avesse erroneamente affermato, con riguardo al calcolo, alla data dell’atto, del valore venale in comune commercio dell’immobile, l’illegittima applicazione, da parte dell’Ufficio, del criterio della capitalizzazione del reddito con riguardo all’attività d’impresa in esso esercitata.

Come sottolineato dalla Corte, in materia di imposta di registro, l’Ufficio ha la possibilità di disconoscere il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita se ritenuto non espressivo del valore venale in comune commercio.

Ai sensi dell’art. 51 del DPR 131/1986 l’Amministrazione finanziaria ha il potere di verificare la corrispondenza del corrispettivo dichiarato rispetto al valore normale avendo riguardo: a) al c.d. criterio comparativo ovvero mediante il raffronto con altri trasferimenti di immobili che, in termini di tipologia e ubicazione, presentano caratteristiche comparabili a quello oggetto di accertamento; b) al c.d. criterio della capitalizzazione ovvero al reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato alla detta data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari; c) ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai comuni.

La Corte, respinto il ricorso, ha sottolineato come “nel caso in esame, l’Ufficio finanziario, ai fini dell’eventuale rettifica di valore mediante controllo della corrispondenza tra il valore dichiarato e quello normale, avrebbe dovuto quindi valutare la redditività dell’immobile (eventualmente tratta dal canone di locazione versato dall’utilizzatore al precedente proprietario o dal canone di leasing) e non dell’azienda cui afferisce, né l’Ufficio finanziario ha in altro modo addotto ulteriore elementi probatori circa la difformità del corrispettivo indicato dalle parti nel contratto rispetto al valore venale del bene”.

(commento a cura del Dott. Lorenzo Tortelli)

 

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