Ne bis in idem alla Consulta.

by Luca Mariotti

Prima di tutto un breve esame delle fonti.

L’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, rubricato «Diritto di non essere giudicato o punito due volte», il quale, al comma 1, dispone che «Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge ed alla procedura penale di tale Stato».

Il divieto del bis in idem, a livello interunione, è previsto dall’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (c.d. “Carta di Nizza”), intitolato «Diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato», il quale stabilisce che «Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge».

La medesima garanzia in ambito nazionale, è riconosciuta dall’art. 649 c.p.p., rubricato «Divieto di un secondo giudizio», il quale prescrive che «L’imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli arti. 69, comma 2, e 345».

Premesso questo sotto il mero profilo normativo veniamo a trattare dell’Ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione n. 950 del 21 gennaio 2015.

La questione verte proprio sul doppio giudizio per la stessa fattispecie. Già Nel caso “Grande Stevens”  l’orientamento dei giudici di Strasburgo è stato quello di rimproverare agli organi giurisdizionali la mancata applicazione di un principio (ne bis in idem) con riferimento alle sanzioni penali e alle sanzioni CONSOB. Queste ultime sono infatti certamente di carattere amministrativo per il diritto interno, ma, per le loro caratteristiche di afflittività, da considerare penali per l’interpretazione della CEDU.

Nel caso specifico (la vicenda dell’imprenditore Ricucci e la sanzione di 5 milioni comminata per manipolazione del mercato) emerge, come nel caso Grande Stevens, il sistema del c.d. doppio binario tra il reato di manipolazione del mercato (art. 185 TUF) e la analoga fattispecie amministrativa (art. 187-ter TUF) essendo prevista, nei rispettivi giudizi, una duplice sanzione penale ed amministrativa.

La Corte, nel contrasto tra norma interna e norma comunitaria, nell’interpretazione datane dalla CEDU (queste ultime collocantisi ad un livello sub-costituzionale) ritiene indispensabile il controllo di legittimità costituzionale da parte della Consulta, chiamata a verificare – previo giudizio di ammissibilità in punto di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione da parte del giudice a quo – che esse siano compatibili non soltanto con i diritti fondamentali ma anche con tutte le disposizioni della Costituzione italiana.  Rinvia pertanto alla Corte Costituzionale perché pronunci sulla legittimità del predetto sistema sanzionatorio interno. In particolare alla Corte Costituzionale si chiede un giudizio di legittimità sul predetto doppio binario sanzionatorio amministrativo e penale in ambito finanziario sia costituzionalmente illegittimo per contrasto con l’art. 4 del protocollo 7 della CEDU; si porrà poi anche la questione sull’ammissibilità o meno di una seconda sanzione in assoluto o con il criterio del cumulo, quindi considerando in diminuzione la prima.

 

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