Mancata notifica dell’atto impositivo al fallito. Notifica al solo curatore. Illegittimità della successiva cartella di pagamento emessa nei confronti del contribuente tornato in bonis

by admintrib

L’Ordinanza 25 gennaio 2023, n. 2380 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Giudicepietro, Rel. Angarano) respinge il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro una sentenza della CTR che aveva accolto l’appello del contribuente avverso la sentenza con la quale la C.t.p. aveva rigettato il ricorso avverso la cartella di pagamento, emessa a seguito di sentenza divenuta definitiva, avente ad oggetto un avviso di accertamento emesso ai fini Irpef ed Ilor per l’anno di imposta 1982. Nei gradi di merito il contribuente, dichiarato fallito nel 1984, aveva fatto valere l’illegittimità della cartella di pagamento, notificatagli personalmente, stante l’omessa notifica dell’avviso di accertamento, relativo ad anno di imposta antecedente al fallimento, notificato solo al curatore.

I Giudici della Sezione Tributaria rilevano che secondo la giurisprudenza costante di legittimità, ove l’accertamento tributario, riguardi crediti i cui presupposti si siano determinati anteriormente alla dichiarazione di fallimento del contribuente il relativo avviso va notificato non solo al curatore ma anche a quest’ultimo.

Il contribuente, infatti, non è privato, a seguito della declaratoria fallimentare, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario, rimanendo esposto ai riflessi, anche sanzionatori, derivanti dalla definitività dell’atto impositivo (tra le più recenti Cass. 31/01/2022, n. 2857). Si è, altresì, affermato che, in caso di mancata notifica, la pretesa tributaria è inefficace nei confronti del fallito e l’atto impositivo non diventa definitivo, tenuto conto che, peraltro, costui non è parte necessaria del giudizio d’impugnazione instaurato dal curatore. (Cass. n. 5392 del 18/03/2016).

Tale soluzione trova ulteriore conferma nel fatto che solo la piena conoscenza dell’atto da parte del contribuente consente il consapevole esercizio del diritto di impugnativa, sicché, nel caso in cui l’atto impositivo sia stato notificato al solo curatore il termine per proporre impugnazione decorre solo dalla trasmissione dell’intera documentazione relativa alla pretesa erariale (nella specie, la copia della cartella di pagamento), fermo restando che grava sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare il momento in cui tale atto sia venuto a conoscenza del contribuente, in modo da individuare la data dalla quale far decorrere il termine per la proposizione del ricorso in sede giurisdizionale, ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Cass. 17/04/2015, n. 7874).

La Suprema Corte ha altresì precisato che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario; da ciò consegue che l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Tale nullità, può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall’art. 19, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (cartella di pagamento nel caso di specie), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto con la conseguenza che, verificata la sussistenza del difetto di notifica ne consegue la nullità dell’atto consequenziale (Cass. 18/01/2018, n. 1144).

A nessuna diversa conclusioni può giungersi in ragione del giudicato formatosi, per mancata impugnazione, in ragione della sentenza n. 309/02/2007 che ha rigettato il ricorso del curatore avverso l’avviso di accertamento. Questa Corte, infatti, ha chiarito che l’efficacia del giudicato formatosi nei confronti del curatore, non può essere estesa al fallito, neppure una volta tornato in bonis, ove il debitore-contribuente non abbia assunto la qualità di parte in quel giudizio, incontrando, pertanto, tale giudicato i limiti soggettivi di cui all’art. 2909 cod. civ. (cfr. Cass. 24/07/2014 n. 16816).

 

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