Lo “stato dell’arte” sull’articolo 20 del testo unico del registro nella dettagliata ricostruzione della Cassazione. Una regola tipica dell’imposta d’atto, che non c’entra con le norme antielusive (quindi senza obbligo del contraddittorio preventivo) e che si applica ai giudizi in corso

by admintrib

Eccellente e completa ricostruzione della vicenda recente della norma del registro che consente la riqualificazione degli atti da della Corte di Cassazione, nell’ ordinanza 11 maggio 2022, n. 14936 (Pres. De Masi, Rel. Lo Sardo) che accoglie il ricorso dei contribuenti, alla luce dell’evoluzione normativa (retroattiva) e giurisprudenziale degli anni più recenti.

Consigliamo vivamente la lettura della motivazione, che ci pare completa e che è quasi un peccato riportare in sintesi.

Vale solo la pena di ricordare alcuni passaggi.

L’art. 1, comma 87, della Legge 27 dicembre 2017 n. 205 prevede che: «Al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 20, comma 1: 1) le parole: «degli atti presentati» sono sostituite dalle seguenti: «dell’atto presentato»; 2) dopo la parola: «apparente» sono aggiunte le seguenti: «, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extra testuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi». L’art. 1, comma 1084, della Legge 30 dicembre 2018 n. 145, prevede che: «L’articolo 1, comma 87, lettera a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell’articolo 20, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131».

La sentenza della Corte Costituzionale n. 158 del 21 luglio 2020 ha statuito che non è fondata la questione di legittimità costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., dell’art. 20 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, quale modificato dall’art. 1, comma 87, della Legge 27 dicembre 2017 n. 205 e dall’art. 1, comma 1084, della Legge 30 dicembre 2018 n. 145, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali. Secondo il giudice delle leggi, « il legislatore, con la denunciata norma ha inteso, attraverso un esercizio non manifestamente arbitrario della propria discrezionalità, riaffermare la natura di “imposta d’atto” dell’imposta di registro, precisando l’oggetto dell’imposizione in coerenza con la struttura di un prelievo sugli effetti giuridici dell’atto presentato per la registrazione, senza che assumano rilievo gli elementi extratestuali e gli atti collegati privi di qualsiasi nesso testuale con l’atto medesimo, salvo le ipotesi espressamente regolate dal testo unico». Per altro verso, un’interpretazione della norma in chiave antielusiva provocherebbe «incoerenze nell’ordinamento, quantomeno a partire dall’introduzione dell’art. 10- bis della Legge 212 del 2000» e «consentirebbe all’amministrazione finanziaria, da un lato, di operare in funzione antielusiva senza applicare la garanzia del contraddittorio endoprocedimentale e, dall’altro, di svincolarsi da ogni riscontro di «indebiti» vantaggi fiscali e di operazioni «prive di sostanza economica», precludendo di fatto al contribuente ogni legittima pianificazione fiscale (invece pacificamente ammessa nell’ordinamento tributario nazionale e dell’Unione Europea)».

Quindi la norma non è una regola antielusiva e non si deve far riferimento all’art. 10-bis della L. 212/2000 (né al vecchio 37-ter del DPR 600/73), neppure relativamente all’obbligo di contraddittorio preventivo.

Le nuove regole delineano la portata dell’articolo 20 nella riqualificazione del singolo atto portato alla registrazione, nel contesto tipico di una “imposta d’atto”. Non riguarda invece la costruzione negoziale complessiva eventualmente posta in essere con atti successivi.

Questa lettura è derivata da una interpretazione autentica e dunque si applica ai giudizi in corso.

Vale solo la pena infine di evidenziare come questa ricostruzione vada a costituire la questione focale della motivazione, al punto di consentire ai Giudici di Legittimità di non pronunciarsi sul primo motivo del ricorso sulla base del criterio della “ragione più liquida”.

Infatti la Corte ricorda che secondo il principio della “ragione più liquida”, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 cod. proc. civ. (tra le tante: Cass., Sez. Un., 8 maggio 2014, n. 9936; Cass., Sez. 6^-5, 22 agosto 2017, n. 20250; Cass., Sez. 5^, 3 ottobre 2018, n. 24061; Cass., Sez. 5^, 17 aprile 2019, n. 10674; Cass., Sez. 5^, 7 ottobre 2020, n. 27989; Cass., Sez. 5^, 19 luglio 2021, n. 20639; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2021, n. 40734; Cass., Sez. 5^, 9 gennaio 2019, n. 363; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2021, n. 35219; Cass., Sez. 5^, 29 dicembre 2021, n. 41841; Cass., Sez. 5^, 11 gennaio 2022, n. 522; Cass., Sez. 5^, 17 gennaio 2022, n. 1149).

 

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