Le restrizioni ai rimborsi previste da leggi successive non possono interessare il giudizio già concluso e il connesso giudizio di ottemperanza. Non è possibile alcuna falcidia di diritti patrimoniali del contribuente giudizialmente accertati

by admintrib

« Nel giudizio tributario di ottemperanza di cui all’art. 70 d.lgs. n. 546 del 1992, il giudice dell’ottemperanza, adito dal contribuente per l’esecuzione del giudicato scaturente da decisione ricognitiva del diritto al rimborso d’imposte per effetto di benefici fiscali accordati in conseguenza di eventi calamitosi, deve accertare la disponibilità degli appositi fondi stanziati ai sensi dell’art. 1, comma 665, legge n. 190 del 2014 – come modificato dall’art. 16-octies d.l. n. 91 del 2017 e dall’art. 29 d.l. n. 162 del 2019- e, in caso di verificata incapienza, deve attivare, con determinazioni specifiche anche tramite la nomina di un commissario ad acta, le procedure particolari previste dalla normativa di contabilità pubblica per dare completa esecuzione alla decisione del giudice di merito, compresa l’emissione dello speciale ordine di pagamento in conto sospeso, non essendo desumibile dalla normativa di riferimento, interpretata alla luce dei principi costituzionali e convenzionali, alcuna possibile falcidia di diritti patrimoniali del contribuente giudizialmente accertati.»

Questo il principio di diritto, molto chiaro, espresso e ribadito dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione nella Sentenza 9 giugno 2022 n. 18683 (Pres. Cirillo, Rel. Angarano) a fronte di un ricorso dell’Agenzia delle Entrate la quale, non avendo pagato le somme derivanti da una sentenza favorevole al contribuente faceva valere il fatto che la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, come modificato dal D.L. n. 91 del 2017, art. 16-octies, dispone che “(…) In relazione alle istanze di rimborso presentate, qualora l’ammontare delle stesse ecceda le complessive risorse stanziate dal presente comma, i rimborsi sono effettuati applicando la riduzione percentuale del 50 per cento sulle somme dovute; a seguito dell’esaurimento delle risorse stanziate dal presente comma, non si procede all’effettuazione di ulteriori rimborsi. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro il 30 settembre 2017, sono stabilite le modalità e le procedure finalizzate ad assicurare il rispetto dei limiti di spesa stabiliti dal presente comma. A tal fine è autorizzata la spesa di 30 milioni di Euro per ciascuno degli anni 2015-2017.”.

La Corte però ricorda i fondamenti dell’interpretazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 70, comma 10, che limita le censure ammissibili contro la sentenza pronunciata in esito al giudizio di ottemperanza alle sole violazioni di natura procedimentale.

In materia, è stato già chiarito che “La disposizione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, – a mente della quale il ricorso per cassazione contro la sentenza pronunciata in esito al giudizio di ottemperanza è ammesso per “violazione delle norme del procedimento” – va interpretata nel senso che è possibile denunciare alla Suprema Corte non soltanto la violazione delle norme disciplinanti il predetto giudizio, ma anche ogni altro “error in procedendo” in cui sia incorso il giudice dell’ottemperanza e, in particolare, il mancato o difettoso esercizio del potere – dovere di interpretare e eventualmente integrare il “dictum” costituito dal giudicato cui l’amministrazione non si sia adeguata o l’omesso esame di una pretesa che avrebbe dovuto trovare ingresso in quella sede.” (Cass. 01/12/2004, n. 22565; conformi, ex plurimis, Cass. 08/02/2008, n. 3057; Cass. 16/04/2014, n. 8830; Cass. 28/09/2018, n. 23487).

La giurisprudenza costante ed uniforme della Corte, ha affermato che lo ius superveniens introdotto dal D.L. 20 giugno 2017, n. 91, art. 16-octies, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2017, n. 123, ed attuato con il sopra citato provvedimento direttoriale – essendosi limitato a precisare che il rimborso di quanto indebitamente versato spetta ai soggetti specificamente individuati nei limiti delle risorse stanziate e, in caso di eccedenza, con la riduzione percentuale sulle somme dovute, oltre che, a seguito dell’esaurimento delle risorse, non si procede all’effettuazione di ulteriori rimborsi – non incide sulla questione del diritto al rimborso spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, operando i limiti delle risorse stanziate, e venendo in rilievo eventuali questioni sui consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle entrate, soltanto in fase esecutiva e/o di ottemperanza (ex multis Cass. 22/02/2018, n. 4291; Cass. 25/03/2021, n. 8393; 22/04/2021, nn. 10714 e 10716; Cass. 13/11/2020, n. 25818; Cass. 30/09/2020, n. 20790; Cass. 22/02/2019, n. 5300).

A supporto ulteriore di tale conclusione, oltre al tenore letterale dello stesso complesso normativo richiamato, questa Corte ha poi rilevato che costituisce ius receptum l’affermazione che, in mancanza di disposizioni transitorie, non incide sui giudizi in corso l’introduzione, con legge sopravvenuta, di un diverso procedimento amministrativo di rimborso (Cass. 22/02/2018, n. 4291, ex plurimis, che richiama ad esempio Cass. 24/04/2015, n. 8373, in tema di Iva).

In tale contesto, giova allora aggiungere, per la spiccata affinità con la fattispecie qui in decisione, quanto questa Corte ha già argomentato a proposito della limitazione dell’erogazione dell’indennizzo agli aventi diritto in base alla c.d. legge Pinto: “Affatto priva di rilevanza, infine, è l’eccezione d’illegittimità costituzionale formulata con riguardo alla citata L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 7, che limita l’erogazione dell’indennizzo agli aventi diritto entro i limiti delle risorse di bilancio annualmente disponibili. Come si dirà meglio di qui a breve, non sussiste, infatti, nel caso concreto, il diritto della parte a percepire un qualsiasi indennizzo, e ciò comporta comunque l’inoperatività di detta norma, la quale, del resto, non potrebbe mai trovare applicazione in sede di cognizione, ma solo, eventualmente, in fase di esecuzione della pronuncia di condanna dell’amministrazione a corrispondere una determinata somma a titolo di equa riparazione.” (Cass. 10/04/2003, n. 11715, in motivazione).

Tale orientamento, riconduce dunque lo ius superveniens non alla disciplina sostanziale del diritto al rimborso, ma a quella procedimentale della sua attuazione. Il che significa quindi, sul versante giudiziario, che la relativa questione non appartiene al giudizio di cognizione, nel quale il diritto viene accertato, ma necessariamente a quella del giudizio d’ ottemperanza, nel quale esso viene attuato.

Pertanto, nelle ipotesi in cui l’Amministrazione ha eccepito la rilevanza dei limiti in questione nell’ambito del giudizio di cognizione diretto ad accertare il diritto al rimborso, è già stato ritenuto il relativo motivo infondato, se non inammissibile, ribadendo che la sede nella quale avrebbe potuto essere dedotto era quella del giudizio sull’esecuzione e/o l’attuazione del diritto accertato (cfr. ex multis le citate Cass. 22/02/2018, n. 4291; Cass. 25/03/2021, n. 8393; 22/04/ 2021, nn. 10714 e 10716; Cass. 13/11/2020, n. 25818; Cass. 30/09/2020, n. 20790; Cass. 22/02/2019, n. 5300).

Nella sostanza, quindi, l’avente diritto al rimborso che, per effetto della descritta disciplina di attuazione, sia stato soddisfatto solo per metà del suo credito, o addirittura non sia stato affatto soddisfatto, non perde comunque il diritto all’integrale adempimento del rimborso, così come accertato ormai irrevocabilmente.

 

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