La Suprema Corte precisa i principi alla base della efficacia esterna del giudicato: quando i giudizi riguardano diversi periodi di imposta la fattispecie deve essere “tendenzialmente permanente” per dar luogo all’estensione

by admintrib

L’ Ordinanza 15 dicembre 2022, n. 36741 della Sezione Tributaria (Pres. Crucitti, Rel. D’Angiolella), che respinge con motivazione succinta un ricorso di una società e dei soci, reca un riferimento alle modalità di applicazione della efficacia esterna del giudicato, invocata tra gli altri motivi dai ricorrenti.

Come è noto, infatti, il giudicato esterno è quello che si è formato in un processo diverso da quello in questione, ma che è suscettibile di applicazione all’interno di processi diversi instaurati tra le stesse parti. Non sempre ma a certe condizioni, evidentemente.

A tal proposito per i Giudici di Legittimità “l’efficacia esterna del giudicato richiede che l’accertamento compiuto nel giudizio definito con sentenza irrevocabile abbia ad oggetto elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumono carattere “tendenzialmente permanente”, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante allorquando l’accertamento relativo ai diversi anni di imposta si fonda su presupposti di fatto potenzialmente mutevoli” (ex pluribus, Cass., 30/09/2011, n. 20029; Cass. 15/09/2017 n. 21395).

Viene quindi rilevato che nella specie, il motivo non è autosufficiente, risultando confusi ed incerti proprio quegli elementi costitutivi della domanda sui quali i ricorrenti avrebbero dovuto fondare l’eccezione di giudicato.

Pare di capire, in sostanza, che con il necessario riferimento specifico agli atti di causa (da qui probabilmente la rilevata mancanza di autosufficienza) vadano valorizzati, chiedendo l’estensione del giudicato, proprio gli elementi “tendenzialmente permanenti” che esistono.

Ed invero, secondo la Corte “la preclusione del giudicato opera nel caso di giudizi identici – per identità di soggetti, “causa petendi” e “petitum” – per la cui valutazione occorre tenere conto dell’effettiva portata della domanda giudiziale e della decisione che si assume essere divenuta definitiva”.

 

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