In virtù dello ius superveniens la sentenza penale di assoluzione divenuta definitiva prima dell’entrata in vigore della riforma delle sanzioni ha efficacia di giudicato nel giudizio tributario ancora pendente.
Nel caso specifico nel contesto di una indagine effettuata tra il 2012 e il 2013 su delega della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Como, la GdF denunciò B.B., titolare della ditta individuale B.B., per il reato di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 74 del 2000, avendo emesso un certo numero di fatture relative ad operazioni inesistenti nei confronti di tre operatori commerciali.
In particolare, il B.B. emise 31 fatture tra l’1-1-2006 e il 31-12-2010 nei confronti di A.A., ricorrente.
Da ciò l’Agenzia delle Entrate procedette ad una ripresa Irpef e Iva nei confronti del A.A., deducendo sostanzialmente nell’avviso di accertamento che egli aveva simulato con il B.B. delle forniture di servizi e mano d’opera per abbattere la base imponibile dei redditi dichiarati e per detrarre indebitamente l’iva dovuta all’erario. I relativi atti impositivi per il 2006-07-08-09 furono impugnati e la C.T.P. di Milano accolse il ricorso.
La C.T.R. della Lombardia riformò integralmente la sentenza di primo grado accogliendo l’appello dell’AdE.
Introdotto il giudizio per cassazione il contribuente ha depositato una memoria difensiva in vista dell’adunanza camerale, allegando la sentenza del Tribunale penale di Como, munita di attestazione di passaggio in giudicato, di assoluzione del A.A. perché il fatto non sussiste ai sensi dell’art. 530, comma 2, c.p.p.
La Corte rileva che in seguito all’adunanza camerale originariamente fissata per la decisione della causa è stato emanato il decreto legislativo n. 87 del 2024 (in esecuzione della delega conferita al Governo dall’art. 20 della legge n. 111 del 2023), pubblicato sulla G.U. n. 150 del 28-6-2024 ed entrato in vigore il 29-6-2024, il cui art. 1, comma 1, lett. m) ha introdotto, nel corpo del D.Lgs. n. 74 del 2000, il nuovo art. 21-bis, rubricato “Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione”, che così dispone, per quel che in questa sede interessa:
“1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi.
2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio.”
Tale ius superveniens si applica, secondo la Corte, anche ai casi (come quello per cui è causa) in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione sia divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 87 del 2024, purché, alla data di entrata in vigore del D.Lgs., sia ancora pendente il giudizio di cassazione contro la sentenza tributaria d’appello che ha condannato il contribuente in relazione ai medesimi fatti, rilevanti penalmente, dai quali egli sia stato irrevocabilmente assolto, in esito a giudizio dibattimentale, con una delle formule “di merito” previste dal codice di rito penale (perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso).
Orbene, nel caso di specie, il contribuente, titolare di una ditta individuale, è stato assolto in sede penale, in esito a giudizio dibattimentale, perché il fatto non sussiste, con sentenza del Tribunale di Como munita di attestato di passaggio in giudicato, ritualmente e tempestivamente allegata agli atti del giudizio di cassazione.
Non vi è dubbio, inoltre, che i fatti posti alla base degli avvisi di accertamento impugnati siano gli stessi fatti oggetto dell’imputazione penale dalla quale il contribuente è stato definitivamente assolto.
Ne consegue che, spiegando la sentenza penale di assoluzione efficacia di giudicato nell’ambito del giudizio con riferimento all’esistenza dei fatti posti a base delle riprese fiscali, deve ritenersi, anche con riferimento al giudizio tributario, che tali fatti non sussistono, con la conseguenza che la sentenza impugnata deve essere cassata.
Non essendovi bisogno di ulteriori accertamenti di fatto, in applicazione del citato ius superveniens, la causa viene decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso proposto in primo grado.