“La mancata opposizione al preavviso di iscrizione ipotecaria non produce conseguenze pregiudizievoli definitive per il contribuente, mentre, una volta emesso l’atto tipico impugnabile (l’iscrizione di ipoteca), viene addirittura meno il suo interesse a una decisione relativa all’atto impugnato in via facoltativa”.
Questo il principio ribadito con ordinanza n. 23528 (Pres. Napolitano, Rel. Chieca) del 2 settembre 2024 dalla Quinta Sezione della Corte di Cassazione.
Nei fatti un contribuente ricorreva avverso l’iscrizione di ipoteca sulla quota indivisa di sua pertinenza, pari alla metà dell’intero, di alcuni immobili. La CTP respingeva il ricorso. La CTR confermava la decisione di prime cure. In particolare il collegio regionale argomentava che il ricorso proposto dal contribuente risultava inammissibile, non essendo stato impugnato nel termine di legge il preavviso di iscrizione ipotecaria precedentemente notificatogli dall’agente della riscossione. Il contribuente ricorreva dunque per Cassazione.
Come noto il preavviso di iscrizione ipotecaria (art. 77, comma 2-bis, del D.P.R. n. 602 del 1973) è atto autonomamente impugnabile, sebbene non compreso nell’elenco di cui all’art. 19, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992.
I Giudici, nell’occasione, hanno tuttavia ricordato che l’impugnazione di tale atto “rappresenta una mera facoltà, e non un onere, per il destinatario, il quale può in ogni caso proporre ricorso avverso la successiva iscrizione di ipoteca; anzi, lo deve fare, nell’osservanza del termine decadenziale all’uopo stabilito dall’art. 21, comma 1, del decreto legislativo citato, se vuole impedire che essa acquisisca il carattere della definitività” (cfr. Cass. n. 30736/2021, Cass. n. 26129/2017).
La Corte, accolto il ricorso del contribuente, ha dunque rilevato la violazione di legge in cui è incorsa la CTR.