Costituzionalmente illegittima la modifica del 2015 alla disciplina del reato di omesso versamento di ritenute

by admintrib

È costituzionalmente illegittima la modifica al reato di omesso versamento di ritenute, introdotta con il D.Lgs. n. 158/2015, nella parte in cui prevede la sussistenza della violazione penale sulla base dei dati emergenti dalla dichiarazione del sostituto (modello 770) e non solo dalle certificazioni rilasciate ai percettori.

Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 175 depositata il 14 luglio 2022.

Per effetto della sentenza, il reato di omesso versamento di ritenute, anche per le condotte commesse dopo il 22 ottobre 2015, scatta ora (e per il passato per i rapporti ancora non definiti) solo mediante l’acquisizione delle certificazioni rilasciate ai sostituiti.

Con ordinanza del 27 maggio 2021 (r. o. n. 155 del 2021), il Tribunale ordinario di Monza, in composizione monocratica, aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, 76, 77, primo comma, della Costituzione, sia dell’art. 7, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23) – nella parte in cui ha inserito le parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o» nel testo dell’art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205) – sia, conseguentemente, dello stesso art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, come modificato, nella parte in cui prevede la rilevanza penale di omessi versamenti di ritenute dovute sulla base della mera dichiarazione annuale del sostituto d’imposta.

Quanto alla violazione degli artt. 25, secondo comma, 76 e 77, primo comma, Cost., il rimettente ritiene che l’ampliamento della fattispecie incriminatrice del delitto di omesso versamento delle ritenute, di cui all’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, non trovi alcuna copertura nella delega di cui all’art. 8 della legge 11 marzo 2014, n. 23 (Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita).

Tale disposizione infatti – secondo il rimettente – avrebbe delegato il Governo alla «revisione del sistema sanzionatorio penale tributario», limitando lo spazio d’azione del legislatore delegato alla mera «possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anziché penali, tenuto conto anche di adeguate soglie di punibilità».

Il Governo non avrebbe potuto introdurre una nuova fattispecie penale, prima non prevista, così violando anche il principio di stretta legalità di cui all’art. 25, secondo comma, Cost.

Le disposizioni censurate violerebbero, poi, anche il principio di uguaglianza e quello di ragionevolezza (art. 3 Cost.). In particolare osserva il rimettente che sarebbe punito il contribuente che presenti un modello 770 veritiero e ometta di versare le ritenute per un importo superiore alla soglia di euro 150.000, mentre andrebbe esente da pena il sostituto di imposta che, rendendosi ugualmente inadempiente a un debito tributario di pari entità, abbia presentato una dichiarazione infedele, indicando un debito inferiore alla soglia di punibilità.

La Corte Costituzionale ricorda che con la legge n. 23 del 2014, il Parlamento ha conferito un’ampia delega al Governo finalizzata a ridisegnare l’ordinamento tributario per «un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita».

La delega ha, tra l’altro, specificamente riguardato la «revisione del sistema sanzionatorio», da attuarsi secondo i criteri dettati dall’art. 8 della legge n. 23 del 2014.

Ebbene, secondo la Corte la disposizione censurata ha, per l’appunto, introdotto una nuova fattispecie di reato, nel senso che ha previsto come condotta penalmente perseguibile ciò che prima costituiva un illecito amministrativo tributario: l’omesso versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, delle ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione per un ammontare superiore a una determinata soglia di punibilità (fissata in 150.000 euro per ciascun periodo d’imposta).

La condotta di chi non versa le ritenute indicate nella relativa dichiarazione come sostituto d’imposta – che al momento della delega non costituiva reato, ma illecito amministrativo tributario, e solo in passato, fino alla riforma del 2000, è stata punita come reato contravvenzionale – non è certo ascrivibile a «comportamenti fraudolenti, simulatori o finalizzati alla creazione e all’utilizzo di documentazione falsa», come la delega prevedeva. Né è riconducibile al regime della «dichiarazione infedele» dal momento che ciò che rileva è l’omesso versamento delle ritenute «dovute in base alla dichiarazione», a prescindere dal fatto che essa sia fedele o infedele. Il delitto introdotto dalla disposizione censurata attiene ad una condotta puramente omissiva, non fraudolenta, né simulatoria, il che incentra il disvalore del fatto sul momento dell’adempimento del debito tributario, perché colpisce il sostituto di imposta che non versa le ritenute dovute sulla base della dichiarazione annuale o certificate.

In conclusione, la scelta del legislatore delegato di inserire le parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o» nella fattispecie incriminatrice del delitto di omesso versamento delle ritenute di cui all’art.10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 contrasta con gli artt. 25, secondo comma, 76 e 77, primo comma, Cost., non essendo sorretta dai principi e dai criteri direttivi della delega legislativa.

Pertanto, assorbito l’ulteriore parametro evocato dal giudice rimettente (l’art. 3 Cost.), deve dichiararsi l’illegittimità costituzionale sia dell’art. 7, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 158 del 2015, sia dell’art. 10-bis del d.lgs. 74 del 2000, come modificato dall’art. 7, comma 1, lettera b), del d. lgs. n. 158 del 2015, limitatamente alle parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o».

 

Articoli correlati

ilTRIBUTO.it – Associazione per l’approfondimento e la diffusione dell’informazione fiscale nasce a giugno del 2014 intorno all’idea che la materia fiscale sia oggi di fondamentale importanza e che debba essere sempre piú oggetto di studio e di critica – sempre costruttiva – da parte di persone preparate.

I prezzi dei nostri libri sono Iva 4% esclusa

RIMANI AGGIORNATO!
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

CONTATTI

+39 055 572521

info@iltributo.it

supportotecnico@iltributo.it

Seguici sui nostri social

©2023 – Associazione culturale “il tributo” Sede Legale Via dei Della Robbia, 54 – 50132 Firenze C.f. 94238970480 – P.iva 06704870481
Restyling by Carmelo Russo