CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 11 aprile 2018, n. 8931

by Luca Mariotti

Rilevato che:

a seguito di richiesta di recupero di credito fiscale da parte dell’Autorità tributaria della Svezia, veniva emessa nei confronti di A.M., cartella di pagamento portante imposte dirette ed iva per l’annualità 2001, 2002 e 2003;

il ricorso proposto dal contribuente avverso la cartella veniva accolto dalla Commissione tributaria provinciale e la decisione, appellata dall’Agenzia delle entrate, confermata, con la sentenza indicata in epigrafe, dalla Commissione tributaria regionale della Toscana; in particolare la C.T.R. -rilevato che nella cartella impugnata non risultavano inseriti, ovvero richiamati, i documenti legittimanti il recupero quali il titolo esecutivo posto a fondamento della richiesta tributaria né altra certificazione da parte dell’Autorità richiedente- dichiarava la nullità della cartella perché mancante di motivazione;

avverso la sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso su tre motivi; il contribuente resiste con controricorso;

il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art.375, secondo comma, e dell’art.380 bis 1 cod.proc.civ., introdotti dall’art.1bis del d.l. 31 agosto 2016 n.168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016 n.197;

il P.G. ha depositato le sue conclusioni chiedendo l’accoglimento del ricorso;

Considerato che:

con il primo motivo si deduce il difetto di giurisdizione dell’Autorità giudiziaria italiana nei confronti dell’Autorità giudiziaria svedese; la violazione e/o falsa applicazione dell’art.6 del d.lgs. 69/2003, nonché dell’art.12 della Direttiva 2008/55/CE e dell’art.19 del d.lgs. 546/1992;

con il secondo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt.5, comma 8 del d.lgs. 69/2003, degli artt.12 e 25 del d.p.r. 602/1973 nonché dell’art.7 della legge 212/2000;

con il terzo motivo, articolato in subordine, l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata laddove il Giudice di appello aveva omesso di esaminare l’atto allegato fin dalla costituzione in primo grado (ovvero la segnalazione proveniente dalla Direzione generale dell’Agenzia delle Entrate e la documentazione alla stessa corredata ivi compresa l’attestazione dell’Autorità fiscale svedese del rispetto dei requisiti di cui all’art.7 della Direttiva 76/308/CEE);

i motivi vertenti, sotto profili diversi, sulla medesima questione possono trattarsi congiuntamente;

si controverte, infatti, dell’individuazione dei limiti della giurisdizione italiana interna in ordine alla procedura di un credito fiscale vantato da uno Stato membro dell’Unione europea (Svezia) nonché dei requisiti formali e contenutistici della relativa cartella di pagamento;

la normativa italiana che legittima l’attività di reciproca assistenza nella riscossione trova riferimento principalmente nel d.lgs. 9 aprile 2003 n.6 che ha recepito la Direttiva 2001/44/CE del Consiglio di Europa; in base a tale normativa le contestazioni rilevabili, collegate alle irregolarità formali del procedimento di riscossione di un credito estero, possono essere soltanto quelle relative all’attività amministrativa finanziaria che procede (in questo caso italiana) e non quelle riconducibili alle sequenze procedimentali compiute all’estero; le contestazioni inerenti l’esistenza o l’ammontare del credito tributario devono invece essere risolte dal giudice nazionale dello Stato ove è sorta l’obbligazione tributaria;

in tale senso risulta costantemente orientata la giurisprudenza di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 760 del 17/01/2006) la quale ha avuto modo di affermare che «in tema di rapporti tra la giurisdizione italiana e quella tedesca in materia tributaria, la Convenzione tra Italia e Germania sull’assistenza giudiziaria in materia tributaria, approvata con r.d.l. 9 settembre 1938, n. 1676, – dettando un criterio successivamente recepito dall’art. 6 del d.lgs. 9 aprile 2003, n. 69, di attuazione della direttiva comunitaria 2001/44/CE, relativa tra l’altro al recupero di crediti connessi ai dazi doganali, all’IVA ed a talune accise – riserva alle autorità tedesche il compito di accertare la sussistenza dei crediti per imposte dovute in Germania, e quindi anche quello di pronunciarsi in ordine all’eventuale prescrizione del debito stesso; qualora peraltro, ai sensi dell’art. 10 della Convenzione, l’autorità tedesca si avvalga della facoltà di rivolgersi a quella italiana per la riscossione dell’imposta, l’autorità italiana deve procedere in conformità alla legge italiana, e quindi mediante la notificazione della cartella esattoriale, la cui impugnazione, trattandosi di un atto emesso da un’autorità italiana e regolato dalla legge italiana, deve aver luogo dinanzi al giudice italiano; poiché in tal caso, pur essendo sorta all’estero, l’obbligazione è riconosciuta e recepita dalla nostra legge come obbligo tributario, e come tale è gestita dall’autorità italiana, la relativa controversia è devoluta al giudice ordinario, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come sostituito dall’art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, soltanto ove abbia ad oggetto gli atti dell’esecuzione forzata successivi alla notifica della cartella di pagamento, restando altrimenti attribuita alla giurisdizione tributaria»;

detto orientamento è a tutt’oggi seguito (Cass. n.19283 del 12/09/2014) essendosi ribadito che «in materia di crediti per tributi sorti negli Stati membri della Comunità europea, le condizioni previste dall’art. 346 bis, secondo comma, lett. b), del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (“ratione temporis” applicabile) non vanno accertate dall’Amministrazione italiana prima di procedere ad esecuzione forzata, ma devono essere solo attestate nella richiesta di assistenza reciproca avanzata dalla Amministrazione finanziaria dello Stato che ha emesso il titolo esecutivo, sicché, ove la richiesta contenga l’indicazione della data di esigibilità del credito, la dichiarazione di non contestazione del credito e del titolo esecutivo nello Stato emittente, nonché quella del mancato integrale recupero del credito in quello Stato malgrado l’azione esecutiva in esso intrapresa, l’Amministrazione italiana può dare corso all’azione di recupero, fermo restando che le contestazioni concernenti il merito dei suddetti elementi vanno indirizzate all’organo competente dello Stato creditore, poiché riguardano il titolo esecutivo estero e non la procedura di riscossione del credito in Italia»;

alla luce di tali condivisi principi, il primo motivo va rigettato (avendo la C.T.R. pronunciato unicamente sulla legittimità dell’azione di recupero attraverso la cartella emessa dall’Amministrazione italiana) non sussistendo il dedotto difetto di giurisdizione, mentre va accolto il secondo motivo, con assorbimento del terzo;

invero, quanto al contenuto della cartella di pagamento, l’art.5, comma 5, del d.lgs. 69 del 2003, prevede espressamente che solo « la domanda di recupero di un credito deve essere accompagnata dall’originale o da una copia conforme del titolo esecutivo emesso nell’altro Stato membro e dagli altri documenti ritenuti necessari ai fini del recupero del credito» senza null’altro specificare in ordine al contenuto della cartella di pagamento, essendo previsto un generico richiamo, in quanto compatibile, alle disposizioni contenute nel d.P.R. n.602/1973 e nel d.lgs.n.46/1999;

la cartella impugnata, a quanto risulta dagli atti (ricorso e sentenza impugnata) contiene l’indicazione di tutti gli elementi ritenuti necessari dalla giurisprudenza sopra indicata ad assolvere, in tale specifica ipotesi, l’obbligo di motivazione della cartella (numero e data della richiesta dell’Autorità fiscale svedese, normativa europea sulla base della quale era stata effettuata la richiesta; definitività del titolo; indicazione del ruolo e dello stato di esecutività dello stesso; natura delle imposte richieste dall’Autorità estera);

ne consegue, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, rigettato il primo ed assorbito il terzo, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio al Giudice di merito il quale provvederà al riesame, adeguandosi ai superiori principi, ed al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

In accoglimento del secondo motivo di ricorso, rigettato il primo ed assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

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