Contraddittorio preventivo: almeno il criterio cronologico funziona sempre.

by admintrib

Diciamo la verità: il principio del contraddittorio endoprocedimentale preventivo come si delineava dopo le sentenze gemelle delle Sezioni Unite del settembre 2014 e dopo la Corte Costituzionale 132/2015 è palesemente naufragato in Italia.

Una regola semplice che prevedeva un doppio livello di difesa da parte del contribuente (amministrativo prima e giurisdizionale poi) con un reale confronto nel quale fosse consentito al contribuente di manifestare “utilmente” il proprio pensiero come si leggeva nella Sopropè (si disse che le argomentazioni introdotte dovessero essere soppesate dall’amministrazione, pena l’invalidità dell’atto impositivo) è palesemente stata alterata dal Legislatore e dalla giurisprudenza.

Tributi armonizzati sì, interni no, previsioni espresse sì, utilizzo “pretestuoso” dell’eccezione di mancato svolgimento, relativa “prova di resistenza” (che non era esattamente quanto prevedeva la sentenza Kamino International Logistics, nessuna attenzione alla effettività del contraddittorio….

Questo il quadro francamente desolante (e forse con qualche problema di tenuta costituzionale, visto oltretutto che la giurisprudenza della Consulta non ha dato altri frutti dopo la citata 132/2015) che si delinea oggi.

In tale quadro va tuttavia segnalato che almeno una certezza per il contribuente c’è: l’articolo 12 comma 7 dello Statuto (L. 212/2000) con il necessario rispetto del termine di sessanta giorni tra la chiusura del p.v.c. e l’emanazione dell’atto.

La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione nella Sentenza n. 12713 del 21 aprile 2022 (Pres. Cirillo, Rel. Di Marzio) applica questo criterio normativo relativamente a un p.v.c. chiuso il 4 dicembre con successiva notifica dell’accertamento il 10 dicembre.

Nel caso specifico l’amministrazione aveva cercato di valorizzare il fatto che il contribuente fosse stato coinvolto nell’accertamento ben prima, con un sostanziale confronto durato ben più dei sessanta giorni di Legge.

In proposito la Corte ricorda che, a seguito delle oscillazioni giurisprudenziali richiamate dalle parti nei loro scritti difensivi, la Cassazione ha raggiunto in materia un orientamento ormai consolidato, espresso anche pronunciando a Sezioni Unite.

Si è infatti chiarito che “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva”.

Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio”, Cass. S.U., 29.07.2013, n. 18184.9.2.

Nel caso di specie, pure nel suo ricorso per cassazione, anche a prescindere da quanto a suo tempo riportato negli avvisi di accertamento, l’Amministrazione finanziaria indica quali ragioni dell’urgenza: “l’ufficio si è immediatamente attivato ponendo in essere un’attività di controllo che ha assicurato al contribuente una attiva cooperazione al procedimento amministrativo (vedasi al riguardo i verbali giornalieri allegati al pvc); tenuto conto della rilevanza degli imponibili accertati dall’ufficio e dell’imminente decadenza dei termini di accertamento previsti dall’art. 43 del Dpr 600/73, si realizzano pienamente i requisiti di particolare e motivata urgenza prescritti dall’art. 12 della L. 212/2000” (controric., p. 12). 9.2.1.

Questi argomenti per Giudici della Sezione Tributaria non possono tuttavia essere condivisi.

Lo svolgimento del contraddittorio preventivo in sede amministrativa, infatti, è adempimento diverso e non sostitutivo rispetto all’obbligo di riconoscimento al contribuente di un termine minimo di sessanta giorni, a seguito della comunicazione degli esiti dell’accertamento mediante consegna del PVC, prima di provvedere all’emanazione dell’atto impositivo.

Inoltre, “la rilevanza degli imponibili accertati” non ha evidentemente rilievo al fine di dimostrare l’urgenza del provvedere, anche limitando le garanzie predisposte a favore del contribuente dall’ordinamento tributario.

Neppure la prossimità della scadenza del termine utile per procedere all’accertamento, evitando l’Amministrazione finanziaria di incorrere nella decadenza dal potere di esercizio della pretesa impositiva, integra una ragione di urgenza che possa consentire di limitare le tutele riconosciute al contribuente.

A tale ultimo proposito la Cassazione ha infatti ribadito che “in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa non rappresenta una ragione di urgenza tutelabile ai fini dell’inosservanza del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000”, Cass. sez. VI-V, 16.3.2016, n. 5149. 9.3.

Si conclude dunque con l’accoglimento del ricorso dei contribuenti.

 

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